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6/10

Tutti Contro Tutti regia di Rolando Ravello

Commedia Italiana
recensione di Alessandro Pascale

 

Agostino, modesto muratore, che vive con la moglie Anna, i figli Lorenzo & Erica e i l'anziano Nonno, in affitto in un appartamento in una palizzina alla periferia di Roma, tornato dalla comunione del figlio, trova l'appartamento occupato abusivamente dalla famiglia meridionale Rizzuti. Recatosi dai Carabineri per denunciare il fatto, scopre che l'affitto non solo è versato in nero, ma il padrone di casa, il losco Antonio Macchiusi, non è nemmeno il regolare proprietario dell'immobile e per tanto Agostino non ha alcun diritto legale per riprendeselo. Agostino deciso a riprendersi casa, occupa con l'intera famiglia il pianerottolo di casa sua. La vicenda ben presto degenera...

 

Tutti contro Tutti è l'opera prima da regista per Rolando Ravello, che per l'occasione si fa uno e trino, svolgendo anche il ruolo di attore protagonista oltre che di sceneggiatore (assieme a Massimiliano Bruno). Un esordio tutto giocato sullo stile classico della commedia italiana: né trash, né un demenzialismo fine a sé stesso, ma il classico tentativo di comunicare alcuni messaggi sociali tra situazioni umoristiche e al limite del tragicomico.

Tutti contro Tutti rientra quindi in un filone mai morto del cinema italiano, figlio bastardo del neorealismo e memore della lezione di maestri come Monicelli e Risi, che sopravvive silenziosamente e sottotraccia ancora oggi, seppur tra pochi clamori e con scarsi successi commerciali.

D'altronde Ravello non è Risi e la differenza si vede: i tempi morti e i momenti patetici (non abbastanza tragici da commuovere) si contano in quantità eccessiva e non riescono a mantenersi in equilibrio con le pur brillanti trovate comiche sparse qua e là (merito soprattutto dei personaggi di Sergio e di nonno Rocco, rispettivamente Marco Giallini e Stefano Altieri).

Kasia Smutniak, nel ruolo di Anna, appare spaesata e incapace di amalgamarsi in una trama a tratti confusionaria. L'impressione generale è che l'autore metta troppa carne al fuoco, non riuscendo a comunicare in maniera sobria le tante idee che aveva in testa.

Eppure le trovate buone ci sono sia a livello di soggetto che di sceneggiatura, riuscendo a catturare per brevi tratti momenti di purissima comicità di elevato livello, scatenando risate assicurate.

Spietato e pessimistico il messaggio finale, che coincide con il titolo del film, sulla cui scena conclusiva rimane un barlume di inebriante vitalismo che annacqua un esito altrimenti fantozziano.

Conclusione: Ravello promosso per il rotto della cuffia, giusto per aver azzeccato le battute di nonno Rocco e per il lodevole intento di denuncia sociale delle degradanti condizioni di vita in cui si può trovare a vivere il “popolo” nelle periferie di una grande città. Le ingenuità sono però tante, troppe, per cui lo si aspetta al varco per la prossima opera.

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