Fantozzi regia di Luciano Salce
Commedia ItalianaL’esordio cinematografico del travet italiano per antonomasia, ragioniere Fantozzi Ugo, la sua vita “ordinaria”, tra timbro del cartellino, scontri con il megadirettore galattico, gioie familiari e sogni d’avventure galanti con la signorina Silvani, oltre che i temuti coinvolgimenti nelle iniziative ricreative del collega Filini.
Paolo Villaggio (1932) è riuscito a creare con il personaggio di Fantozzi una vera e propria maschera, conferendogli la valenza e complessità artistica di icona dell’immaginario collettivo. Importante poi l’ innovazione nel linguaggio, con espressioni ormai entrate nell’uso comune; dai primi articoli sull’ Europeo, ai monologhi della trasmissione televisiva Quelli della domenica, Fantozzi si concretizza dapprima in due libri di grande successo, Fantozzi e il Secondo tragico libro di Fantozzi, poi al cinema, regia del mai troppo compianto Luciano Salce, che collaborò anche alla sceneggiatura con Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e lo stesso Villaggio, attingendo dalle citate pubblicazioni; in un periodo in cui la classica commedia all’italiana tentava estremi rinnovamenti, viste le mutazioni in atto nella società, viene sfruttata una comicità di derivazione cabarettistica, e poi televisiva, concentrata sulle (dis)avventure di un singolo personaggio, più che sulla coralità della vicenda in sé.
La signora Pina (Liù Bosisio) telefona in ditta dove lavora il marito, ragioniere Fantozzi Ugo (Villaggio), impiegato Ufficio Sinistri, del quale non si hanno notizie da 18 giorni, senza che qualcuno si sia accorto della sua assenza. Risultato delle ricerche, il nostro è stato murato vivo nei vecchi bagni dell’azienda, durante una ristrutturazione. Una voce fuori campo ci descrive la vita, tra lavoro e famiglia (la figlia Mariangela, Plinio Fernando, alias “Cita”, “come Cita Hayworth”), i rituali del risveglio mattutino con l’incubo di non riuscire a timbrare in tempo il cartellino, il vano corteggiamento della collega Silvani (Anna Mazzamauro), suo amore segreto, con fallimentari inviti a cena, le terrificanti iniziative ricreative di un altro suo collega, Filini (Gigi Reder), i tentativi di ingraziarsi il capo del personale perdendo a biliardo, che falliranno causa moto d’orgoglio improvviso, sino al confinamento in uno stanzino in comune con un impiegato comunista che gli renderà per un attimo le cose più chiare (“allora in questi anni mi hanno preso per il culo!”), visto che, convocato dal megadirettore, la sua ribellione sarà piegata dai modi affabili di quest’ultimo, tanto da indurlo ad offrirsi come “triglia umana” per l’ acquario dei dipendenti.
Diretto con mano sicura da Salce, sostenuto da validi attori, il film, dopo il prologo introduttivo, procede per singoli episodi, legati tra loro da temi costanti e ripetitivi ma efficaci ai fini della risata, per quanto spesso amara e “tragica”: una comicità slapstick, da cinema muto e l’enfatizzazione, sino all’iperbole surreale ed onirica, con toni sospesi tra il grottesco e il demenziale, della condizione impiegatizia di un misero travet, dalle ascendenze letterarie ottocentesche, che ha scelto accondiscendenza, verso superiori e colleghi, obbedienza e il servilismo più bieco come unica ragione di vita o meglio come unico mezzo per potere essere accettato e compreso in un sistema dal quale è inevitabilmente fuori in partenza: in questo il personaggio appare più anarchico e reazionario di quanto possa apparire di primo acchito, superando lo stadio di caricatura-simbolo di quel ceto medio da Italia anni ’70, prodotto estremo di un miracolo economico ormai al termine.
È il nostro capro espiatorio, compagno di una catarsi mai definitiva, tra un lavoro a tempo indeterminato tale per tutta la vita, stesso luogo, stesse mansioni, vita privata dagli scarsi interessi, che non siano quelli coincidenti con l’ hobby del superiore di turno; ben dieci episodi da qui in poi, con l’ideale seguito Il secondo tragico Fantozzi, sempre diretto da Salce e via via gli altri, con Milena Vukotic a subentrare nel ruolo della moglie Pina (la Bosisio tornerà, momentaneamente, in SuperFantozzi), improntati purtroppo ad una serialità ripetitiva, con più di una caduta di stile.
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