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6/10

Tutti i Santi Giorni regia di Paolo Virzì

Commedia
recensione di Eleonora Chiarugi

La storia è quella di Guido e Antonia, due fidanzati, che convivono e lavorano entrambi a Roma. Lui toscano, lei siciliana. Un rapporto che procede ciclicamente, come il giorno e la notte: inizia col lavoro notturno di Guido e con il suo ritorno a casa, che coincide con la sveglia mattutina di Antonia, in cui Guido le racconta la storia del Santo del giorno, le porta la colazione a letto, fanno l’amore e così fino a finire/ripartire con il lavoro diurno di Antonia.

… Alla fine le storie d'amore di Muccino, nella vita vera, ti lascerebbero proprio poco di vissuto.  

Qual è la causa di tutti i problemi del mondo? Le nostre emozioni controproducenti. Una volta insorte, ci danneggiano in superficie e in profondità. Tali emozioni afflittive sono fonti di guai dall’inizio alla fine. Se tentassimo di contrastarle a una a una, ci troveremmo coinvolti in una lotta interminabile”…

(Dalai Lama, “Conosci te stesso”)

Ecco cosa non potreste trovare nel film di Paolo Virzì: emozioni afflittive. Se siete alla ricerca dell'amore isterico e nevrotico, probabilmente questa storia non fa per voi. Al contrario. Una storia per niente melensa né sdolcinata quella dei due protagosnisti, ma nemmeno basata su emozioni controproducenti giusto appunto. Finalmente sullo schermo un amore bello! Di fondo potrebbe essere la vita di chiunque, di tutti i santi giorni veramente, ma raccontata e resa in un modo tale da non risultare assolutamente banale; un lavoro che solo un bravo regista può fare. Nel film viene presentata la storia di una coppia che ad impatto immediato risulta incompatibile: lei alternativa, ex cantante di un gruppo “punk-social-rivoluzionario”, lui molto timido e composto. Guido è laureato in Lettere antiche, fa il portiere di notte in un bell’albergo di Roma; impacciato, proveniente da un bellissimo e piccolo borgo della Val d’Orcia, gentile e cortese anche nei momenti meno opportuni (il che non è necessariamente sinonimo dell’espressione “senza attributi”, anche se la maggior parte delle volte lo si pensa); un puro insomma, che ha rinunciato ad una cattedra alla Princeton University e a diventare un Professorone, semplicemente perché vuole stare con Antonia, continuare a fare il suo mestiere di notte e a leggere libri in latino dietro il bancone della reception quando tutti dormono, raccontare tutte le mattine le storie dei santi ad Antonia e dopo fare l’amore. Una completa devozione, che Antonia vede come la venuta di un angelo che in qualche modo l’ha salvata da una vita tossica in tutti i sensi, che avrebbe vissuto se fosse rimasta con la sua vecchia fiamma, il batterista del suo gruppo (stereotipo del musicista maledetto e del ragazzo alternativo). Non per questo ha abbandonato la sua grande passione: quella di cantare e suonare. Infatti Antonia, oltre al suo lavoro, scrive e compone canzoni in inglese e canta dal vivo in alcuni locali di Roma, dove Guido l’accompagna come suo fedele fan per applaudirla e per bersi una birra insieme prima di entrare a lavoro. Antonia è comunque un personaggio più contorto rispetto a Guido. Molto più impulsiva e sgraziata; nel suo vissuto porta con sé stereotipi che ogni tanto riaffiorano e che nei momenti di difficoltà la portano a scegliere il marcio, dal quale Guido la riprenderà sempre per i capelli, per ritornare poi insieme. Guido e Antonia fanno parte di una storia normale, che da quanto è normale è di una tenerezza sconfinata, che lascia traccia anche nei posti più asettici come le stanze degli ospedali, dove vanno per cercare di avere un bambino, che non nascerà mai.

Per loro è bello fare l’amore, è una completa complicità.

Finalmente un amore bello, che non corrisponde ad un rapporto tutto rose e fiori, ma anzi, si completa proprio anche con le cose brutte e tragiche, lontano dalle solite prospettive di amarezza di un amore mucciniano infedele, ingabbiato e insoddisfatto. Un amore poetico, lontano dall’essere bucolico ma piuttosto nomade e metropolitano.

Spesso fuggiamo da ciò che ci fa stare bene perché lo vediamo come una perdita di possibilità dell’ “aver vissuto” e il “non essersi preclusi nulla”… Corriamo verso quelle “emozioni afflittive” troppo spesso forse, perdendo la poesia per strada.

E' un film che consiglio a tutti di vedere, senza occhi pieni di grandi aspettative, ma con cuore aperto.

V Voti

Voto degli utenti: 6,2/10 in media su 6 voti.

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