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R Recensione

8/10

Revolutionary Road regia di Sam Mendes

Drammatico
recensione di Alessandro Pascale

April e Frank sono una coppia felicemente sposata, con due bambini, una bella casa e una vita assolutamente ordinaria a Revolutionary Road. Almeno, questo è ciò che pensano i loro vicini. Dopo una furibonda lite in cui April accusa il marito di averla "rinchiusa" in un sobborgo e di averne soffocato l'esistenza, Frank torna al suo odiato lavoro di impiegato, e April cerca consolazione nei ricordi dei tempi felici: un tempo Frank le aveva detto di voler andare a vivere a Parigi, perché «lì la gente vive e sente davvero». Consumato rapidamente adulterio con una giovane collega, Frank fa ritorno a casa per trovarvi una moglie nuovamente sorridente. Il motivo è semplice: April ha deciso di voler realizzare il sogno di una vita e di volersi trasferire con la famiglia a Parigi, lavorando come segretaria e lasciando al marito la possibilità di godersi la vita che ha sempre sognato. Ma dopo aver accettato l'idea Frank comincerà ad essere assalito dai dubbi...

Nonostante alcune bordate critiche arrivate un po’ da destra un po’ da sinistra chi scrive non ha dubbbi nel ritenere Sam Mendes come uno dei registi più interessanti che il cinema americano abbia sfornato in questa decade. Merito primario di quel capolavoro che fu a suo tempo American Beauty, perfetta inquadratura di quanto possa diventare assurda la vita “borghese” se privata di ogni afflato di “spirito vitale” (per dirla alla Bergson).  

Quello che torna a fare Mendes in questo film è seguire quel sentiero tracciato a suo tempo con quel mirabile esordio. Lo fa dopo due film (Era mio padre, 2002; Jarhead, 2005) che ne hanno confermato (seppur con modalità e tematiche diverse) il carattere militante della sua azione. Revolutionary road infatti è un film di critica sociale, non soltanto il racconto di una straziante e drammatica separazione amorosa.  

In tal senso la scelta di ambientare la storia negli anni ’50 rivela la volontà di approfondire uno dei periodi più tronfi di quell’ipocrisia borghese per cui la forma e il rispetto delle convenzioni dovessero venire prima di ogni cosa, perfino della propria felicità personale. Gli anni ’60 e la loro carica libertaria e dissacratoria sono ancora lontani in Street Revolutionary Road, nonostante la presentazione dei personaggi testimoni quanto questi in gioventù fossero ostili ad uno stile di vita vuoto e scontato.  

Poi però nasce un figlio, bisogna trovare un lavoro, cercare una casa, si conoscono i vicini e in men che non si dica i sogni vengono sbattuti nel cassetto, storditi dall’incontro-scontro con i problemi della vita reale. E qui entra in gioco l’accusa di Sam Mendes, che identifica questo stile di vita come la vera rovina dell’amore e del nucleo familiare. Di qui i continui litigi dei coniugi Frank (Leonardo Di Caprio) e April (Kate Winslet) che vengono risolti in maniera differente dai due protagonisti: ricerca di un piacevole passatempo amoroso da parte di lui, ritorno ai sogni delle origini da parte di lei.  

Paradossalmente il tradimento diventa più comprensibile e accettato dalla società e dallo stesso Frank Wheeler, mentre l’idea di mollare tutto e trasferirsi a Parigi alla ricerca di una antica felicità e di un nuovo stile di vita più consono alle esigenze di entrambi lascia sbigottiti tutti i borghesi benpensanti dei dintorni. Solo un uomo capisce e condivide questa scelta: un matematico rinchiuso in un manicomio e fatto rinsavire (a quanto pare non abbastanza) a suon di elettroshock.  

L’ipocrisia e l’incapacità di abbandonare il proprio comodo “vuoto disperato” sono lo specchio e il riflesso di una società che si rende perfettamente conto della propria infelicità e dell’assurdità del proprio modo di non-vivere, eppure non trova la forza di fare quel passo rivoluzionario per giungere alla vita vera che potrebbe realizzare e valorizzare gli individui. È il fascino discreto della borghesia…  

Nonostante l’ambientazione negli anni ’50 il film è senz’altro profondamente d’attualità, sia perché a livello culturale non sembra poi cambiato così tanto nella società, sia per il suo carattere di fondo da manifesto dell’anticonformismo libertario e, paradossalmente individualistico. Può sembrare paradossale parlare di individualismo in connessione alla “fuga dalla borghesia” eppure è questo il dato che emerge con maggior nitidezza: l’annullamento ad una macchietta anonima nella vita quotidiana impiegatizia e borghese contrapposto alla liberazione gioiosa e alla ricerca della propria individualità spirituale nella vita alternativa di Parigi.  

Occorre segnalare che Mendes svolge la narrazione avvalendosi di una struttura narrativa molto lineare e consequenziale, trovando un perfetto equilibrio tra leggeri virtuosismi registici (l’ampio stacco temporale delle prime scene è memore delle rotture temporali tipiche del cinema post-moderno), essenzialità melodrammatica e pathos sentimentale. Fenomenale infine l’interpretazione dei due protagonisti, Kate Winslet e Leonardo Di Caprio, riuniti per l’occasione a distanza più che decennale dal primo fortunato incontro avvenuto in Titanic.

V Voti

Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 10 voti.

C Commenti

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swansong (ha votato 8 questo film) alle 15:57 del 2 marzo 2010 ha scritto:

Bellissimo!

Un gran film, perfetto in tutto con due grandi attori protagonisti (per questo film, non per la ciofeca "The reader", la Winslet meritava l'Oscar!), ai quali, però, ruba la scena a mani basse un grande Michael Shannon in una piccola ma significativa parte..

loson79 (ha votato 10 questo film) alle 13:05 del 15 novembre 2010 ha scritto:

La crudeltà fatta film. Cast, regia, ricostruzione storica, scenografie, sceneggiatura: tutto diabolicamente perfetto(e tutto fatto su misura per lamia isola deserta).

simone coacci alle 23:25 del 15 novembre 2010 ha scritto:

RE:

Cioè mi stai dicendo che il tizio di "American Beauty" (un concentrato di luoghi comuni, colpi bassi e poesia della stessa consistenza di quella maledetta busta svolazzante) ha girato un capolavoro? Non c'avrei scommesso un centesimo. Mi toccherà vederlo. ghgh