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8/10

National Theatre Live - King Lear regia di Sam Mendes

Tragedia
recensione di Alberto Longo

Re Lear è sovrano della Britannia; vecchio e stanco, decide di ritirarsi e dividere il proprio regno tra le sue tre figlie: Gonerilla, Regana e Cordelia, che scatena l'ira del padre per la sua sincerità. Frattanto il principe bastardo Edmund trama nell'ombra per ottenere il potere del Conte di Gloucester, suo padre. E' la scintilla di una tragedia che porterà Lear alla pazzia, alla guerra e a un tragico destino.

Ridurre "Re Lear" in poche righe non è facile: è una tragedia tra le più dolorose del Genio britannico e il tema portante della pazzia è un quadro angosciante e perfetto della disperazione dell'uomo, sia essa reale, recitata e di qualunque età. Shakespeare è sempre stato un attento osservatore della vita, riuscendo a far delle sue opere, che hanno attraversato i secoli, un quadro preciso e autentico dell'uomo . "King Lear" diretto da Sam Mendes ( "American Beauty" , 1999; 007- Skyfall, 2012) è una trasposizione fedele al testo, essenziale nella scenografia e attenta all'interpretazione attoriale, vera carta vincente. Simon Russel Beale ("Marilyn" di Simon Curtis, 2011) è il vecchio sovrano di Britannia e a lui spetta nel finale una meritata standing ovation: il suo Lear non è solo un sovrano dittatoriale, ma un padre anziano che teme per le sue figlie e per la sua salute mentale. Russel incespica, maledice, soffre e impazzisce per il suo personaggio ed è pura emozione. Kate Fleetwood, Anna Maxwell Martin e Olivia Vinall interpretano le tre sorelle (Gonerill, Regan e Cordelia), donando loro adeguato spessore. Tra le due sorelle cattive la sottile differenza caratteriale emerge. Ottimi anche i personaggi secondari, tra cui spicca Adrian Scarborough nel ruolo del Buffone e Stanley Towensend in quello del Conte di Kent, personaggi fedeli al sovrano e unico appiglio durante la sua pazzia. Nota di merito anche per Sam Troughton: il principe Edmund è un vero "bastardo", permeato dalla perfidia di un Iago otelliano. Viscido, pavido, ma affascinante nei suoi meschini giochi di potere. La scenografia punta sull'essenzialità e opta per la rivisitazione: Lear più che un sovrano è un vecchio dittatore del XX° secolo, Gonerilla e Regana due femmes fatales di un film muto. Ma è la potenza della parola di Shakespeare a farla veramente da padrona, tanto che qualsiasi scenografia potrebbe risultare inutile. In breve... Sam Mendes dirige un nuovo "Re Lear" e la bravura di Simon Russel Beale determina un risultato eccellente. Cast di alta fattura, scenografia essenziale ed efficace. La trasposizione di Mendes del sovrano impazzito non ha nulla da soffrire con quella altrettanto strepitosa di Trevor Nunn (del 2008 e con Ian McKellen nel ruolo di Lear) e qualche rivisitazione umoristica non rovina il risultato. La parola di Shakespeare la fa da padrona; Mendes la fa sua e sa trattarla in maniera convincente.

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