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8/10

Cyrus regia di Jay Duplass

Commedia
recensione di Alessandro Pascale

A sette anni dalla fine del suo matrimonio, John (John C. Reilly) è ancora single, ma non ha perso né la speranza né la tendenza al romanticismo. Un giorno, controvoglia, accetta la richiesta della sua ex moglie e miglior amica Jamie (Catherine Keener) di accompagnare lei ed il suo fidanzato Tim (Matt Walsh) a una festa. Lì, con sua grande sorpresa, s'innamora a prima vista, ricambiato, della esuberante Molly (Marisa Tomei). Tra i due nasce subito una relazione, ma dopo qualche tempo John inizia ad essere perplesso di fronte ad alcune bizzarre ritrosie di Molly; deciso a capire quale sia il suo segreto, scopre che c'è un altro uomo nella vita della donna: il figlio 21enne Cyrus (Jonah Hill), che ha con la madre un rapporto strettissimo e personale, e che non sembra avere alcuna intenzione di dividerla con John.

Cyrus è una commedia incredibilmente divertente. Non stupisce quindi che abbia ricevuto alcuni giudizi più che lusinghieri al Sundance Festival del 2010. Analizzando locandina è possibile capire i motivi che lo rendono un'opera assolutamente da vedere: John C. Reilly defilato e appoggiato appena sul divano, distaccato dalla coppia che sta osservando e con una faccia leggermente imbronciata e contrariata che esprime il fastidio per una situazione sgradevole; Marisa Tomei nell'atteggiamento della madre angelicata, quindi innocente e amorevole, che abbraccia il “cospicuo” figlio cercando di giustificarsi con lo sguardo presso l'amante John; infine il folgorante Jonah Hill, che nella più completa passività fisica si gode l'affetto della madre e conferisce il valore aggiunto del film con un semplice sguardo goduto che appare una sublime via di mezzo tra un inquietante pazzo maniaco e un soddisfatto bambino dispettoso. 

In questo trittico sta l'essenza del film, che si svolge secondo un intreccio classico (lui, lei, l'altro), che però si struttura su una tematica non così usuale (“l'altro” è il figlio, in un rapporto morboso al limite dell'incestuoso). L'effetto è di combinare una sottile guerra domestica che si svolge sul doppio binario del conflitto generazionale genitori-figli (vedi ad esempio il divertentissimo Tanguy) e su quello della concorrenza amorosa che rispetta il dogma secondo cui “in amore e in guerra tutto è lecito”. Il film riesce ad esplodere quando “lui” e “l'altro” sanno delle scorrettezze reciproche e mettono fine ai sotterfugi nascosti, mentre “lei” non sospetta di nulla, credendo che tutto vada a gonfie vele e che il suo “bambino” di centoventi chili abbia assorbito completamente il mutamento degli equilibri familiari. Come detto a conferire il valore aggiunto all'opera è la strepitosa prestazione di Jonah Hill, che trovando in Reilly (grande mestiere il suo!) la spalla ideale su cui appoggiarsi riesce a costruire una gamma di mimiche facciali e situazioni verbali impagabili.

Da segnalare che la regia dei fratelli Duplass (Mark e Jay) non si limita a far parlare le facce jokeristiche dei protagonisti ma accompagna le vicende con un gusto dell'immagine squisito, facendo ampio uso di tecniche alternative in stile Nouvelle Vague: improvvisi zoom e camera a mano la fanno da padrone conferendo all'opera una natura tipicamente indie. A fare il resto è l'alternanza tra registri comico-umoristi (in gran prevalenza) e drammatico-psicologici, questi ultimi rimasti forse sullo sfondo ma emergenti per forza di cose in finale d'opera, dando al film una conclusione agro-dolce forse tutto sommato inaspettata.

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