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R Recensione

6/10

Il Portaborse regia di Daniele Luchetti

Drammatico
recensione di Claudia Mastro

Luciano Scandulli (Silvio Orlando), appassionato professore liceale, viene ingaggiato da Cesare Botero (Nanni Moretti), giovane ministro delle partecipazioni statali, perchè scriva i suoi discorsi dopo una carriera da "ghost writer" per un noto scrittore scoperta dalla bella traduttrice del suo staff, Juliette. Nonostante le agevolazioni l'uomo lascia il maleodorante posto intuiti gli intrallazzi dietro alla scalata praticamente senza ostacoli e che ormai porta il botero dritto allo scranno più alto del governo. Finale d'impatto.

Cominciamo col dire che da un film cosi solido e a compartimenti stagni ci si aspettava degli avvenimenti più decisivi: il tanto sottolineato, anche dal finale incandescente, cambiamento "dai buoni ai cattivi" di Scandulli è tutto negli ideali degli sceneggiatori: i nuovi privilegi come l'ottenere un libro raro in prestito o una ristrutturazione gratis di casa, sono virgole en passant, non lo convicono di nulla ne lo mettono a tacere,a dire la verità è lontano anche da una basica reazione di gratificazione, apprezzamento o anche solo stupore (a parte ovviamente, quando riesce ad avere i temi per gi esami della maturità della sua classe) . E poi c'è lui, Botero: qual è la possibilità che un ministro che deve nascondere azioni non solo moralmente non irreprensibili ma anche giuridicamente, prenda al suo servigio un uomo che è evidentemente 1)non corruttibile 2)impossibilitato per motivi di intelletto brillante e vivido a bersi la quantita di castronerie dello staff del ministro? Dovrebbe essere un ennesima annotazione su quanto Botero creda nel suo potere, ma sembra più un fiammante segno di stupidità (in ogni caso, non vi era bisogno di nessuna delle due repetita non-juvant, essendone costellata tutta la trama, al punto che essa, quando pensa a torto di essere troppo sibillina, fa addirittura dire a moretti "io non ho mai finito un libro! mai!") insomma, molto si regge sulla solita maestria di Rulli e Petraglia e Luchetti , qua aiutati da un montaggio che ha evidentemente tagiato rami e rami e da una vera regia, ma con qualche veridicità  in più e un colpo di scena vero e non telefonatissimo avrebbe detto e funzionato di più, senza lasciare quel senso di incompiutezza e di opera a metà che devasta il giudizio finale. Raro caso di pellicola che parla al cuore della nazione, che sviluppa anzi anticipa -uscì due anni prima di Mani Pulite- temi veri e sacrosanti, ma fredda come un cubetto di ghiaccio, genere pilota di un format televisivo.

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