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6/10

Tutta Colpa di Freud regia di Paolo Genovese

Commedia romantica
recensione di A. Graziosi

Dopo aver mescolato la realtà con la finzione in Una famiglia perfetta, Paolo Genovese va a scomodare il padre della psicanalisi in Tutta colpa di Freud, storia di un padre alle prese con tre figli decisamente particolari. E' la storia di un analista alle prese con tre casi disperati: una libraia che si innamora di un ladro di libri; una gay che decide di diventare etero; e una diciottenne che perde la testa per un cinquantenne. Ma il vero caso disperato sarà quello del povero analista, se calcolate che le tre pazienti sono le sue tre adorate figlie.

Tutta colpa di Freud è a tutti gli effetti un "prodotto cinematografico" ben confezionato rispetto alla media odierna italiana: un film che sa come muoversi per compiacere un target piuttosto ampio di pubblico, e farlo senza scadere nel peggio del peggio. Al tempo stesso, il regista di Immaturi e di Immaturi – Il viaggio, Paolo Genovese, sembrerebbe quasi fare un piccolo passo indietro rispetto a Una Famiglia Perfetta, film imperfetto ma spontaneo, comicamente riuscito e più sentito rispetto al nuovo uscito.

La cosa migliore di Tutta colpa di Freud è senza ombra di dubbio il cast, che riesce a tenere in piedi una commedia un po' troppo lunga rispetto a ciò che ha da raccontare e che forse in fase di montaggio sarebbe stato meglio sforbiciare un po': Marco Giallini in primis non smette mai di rivelarsi un fuori classe, capace di tirar fuori ironia anche in dialoghi di impronta didascalica. Anche il resto del cast artistico è piuttosto convincente, nonostante l'inquadramento e la banalità di certi ruoli, e cerca lo stesso di fare il proprio meglio, in particolare le tre attrici protagoniste.

Nonostante si faccia qui il tentativo di revitalizzare la tipica commedia amorosa con alcuni singoli isolati elementi eccentrici, l'attenzione, come afferma il regista stesso, è sempre e solo focalizzata sui punti di vista: la struttura comica e, in generale narrativa, si basa sempre su paradossi e conseguenti figuracce (sfiorate o non evitate) che possono derivare da punti di vista opposti che si scontrano, una comicità che fa sorridere, ridere in modo garbato, composto, bon ton, a denti stretti.

Se si pensava infatti che si trattasse di un avvicinamento alla commedia all'italiana e ad un tocco cinico, realistico o psicologico un po' più deciso rispetto al solito, che si osasse qualcosa in più, magari grazie anche allo “schermo” dello strumento psicoanalitico (suggerito dal titolo), purtroppo si è decisamente lontani dai risultati sperati.

Al contrario, il titolo è quasi fuorviante, più una questione di marketing che altro perché dei problemi sollevati da Freud e dalla psicanalisi ci rimane davvero molto poco, a parte il ruolo del protagonista: anche lo spirito del film va in tutt'altra direzione e poco è cambiato rispetto alle formule di successo già sperimentate in passato: le musiche a riempimento/jukebox come in La Banda dei Babbi Natale, gli open space radical chic delle case degli Immaturi. In poche parole, il mondo di Tutta colpa di Freud - alla cui scrittura ha collaborato Leonardo Pieraccioni, e l'influenza si sente - è sempre un po' troppo marcatamente sopra le nuvole, favolistico, ovattato se non rosato. La sensazione di essere in una specie di pubblicità dove tutto è quasi praticamente perfetto, tranne qualche piccolo problema amoroso, rimane sempre piuttosto alta, cosa che va a minare la verosimiglianza e la spontaneità di un intreccio complessivamente discreto.

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