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6/10

Vijay, Il Mio Amico Indiano regia di Sam Garbarski

Commedia
recensione di Gabriella Massimi

La vita di Will Wilder, che sarebbe un bravo attore ma è costretto nel frustrante ruolo del verde Coniglietto della Sfortuna in uno show televisivo per bambini, non potrebbe andare peggio. A ciò si aggiunge anche il fatto che sembra proprio che la sua famiglia e gli amici si siano dimenticati del suo 40° compleanno.

Ma nel momento in cui tutti cominciano a crederlo morto, perché la sua macchina, appena rubata, è stata ritrovata dopo un terribile incidente, decide di realizzare un vecchio desiderio: andare al proprio funerale. Per questa occasione, con l'aiuto dell'amico indiano Rad, si traveste e diventa Vijay Singh, un distinto e galante Sikh completo di barba e turbante. Nei panni di Vijay, Will, si accorge di piacersi, più di quanto si sia mai piaciuto quando era Will. E così sta accadendo a tutti gli altri.

L'ultima commedia del regista Sam Garbarski, vi farà ridere in modo sottile ed elegante.

Perchè questo è l'intento del regista: una commedia sì divertente, ma anche il più possibile realistica e con un certo tocco drammatico. Del resto come ci dice Garbarski stesso: " Per me dramma e umorismo non sono solo molto vicini, sono sposati e non possono divorziare".

Queste due facce della pellicola si notano fin da subito: un animato, nel vero senso della parola, riassunto di quella che è stata la vita di Will, il nostro protagonista, fino a un dato momento, accompagna i titoli di testa.

Il senso di tutto il film parte da una domanda: come sarebbe partecipare al proprio funerale e sentire cosa parenti e amici dicono di te?

Per il regista questa domanda fu la base sulla quale iniziò il suo lavoro anni fà per dare vita alla sceneggiatura della pellicola. Grazie poi all'aiuto degli scrittori Philippe Blasband e Matthew Robbins, Garbarski ha rifinito la storia, affidandole quel lato umoristico-drammatico.

Una storia quasi autobiografica, non tanto per quanto riguarda lo sdoppiamento di persona, ma sicuramente per le origini del personaggio Will, del regista e dell'attore protagonista Moritz Bleibtreu. Tutti e tre infatti sono di origini europee, ma hanno vissuto/lavorato/studiato a New York.

Tutte le scene all'aperto sono quindi ambientate a New York e in particolare nella New York straniera, multietnica, colorata e soprattutto indiana.

Indispensabile è infatti il personaggio di Rad, interpretato dall'attore indiano Danny Pudi, chiave di volta dello sdoppiamento di personalità e indubbiamente figura comica per eccellenza.

Tema centrale del film rimane comunque la doppia identità di Will/Bleibtreu.

Da sempre desideroso di essere un altra persona, qualcuno di migliore, Will coglie al volo l'occasione e si trasforma. Agli antipodi sono i due personaggi: Will è triste, solo, lontano da moglie e figlia e inconsciamente sempre incentrato su di sé e i suoi problemi; Vijay è un uomo seducente, gentile, disposto a relazionarsi con gli altri e pronto soprattutto ad ascoltare. Ma l'elemento che salta all'occhio analizzando il Sikh è la sua eleganza; non c'è una scena dove non indossi il suo bel completo grigio con camicia bianca e turbante colorato in testa. Probabilmente un'eleganza che va giustamente confrontata con l'orrido costume verde da coniglio che invece Will è costretto a indossare tutti i giorni al lavoro.

Il travestimento è quindi un mezzo non solo per nascondere qualcuno, ma anche per svelare qualcun altro e, in questo caso, un altro migliore di te.

Non solo viene fuori un nuovo Will, cioè Vijay, ma anche una nuova Julia/ Patricia Arquette. Grazie al Sikh la donna si rinnamora di suo marito e scopre nuovi lati della vita di coppia, soprattutto quello sessuale, da molti mesi ormai del tutto assopitosi.

Ben riusciti risultano in generale inizio e fine del film, mentre la parte centrale è tirata un po' per le lunghe con qualche debolezza ogni tanto.

Forse un po' abusata l'idea della maschera, ma in ogni caso abbastanza ben riuscita. Il problema è tornare indietro, tornare a quella che era la normalità.

Ma dove sta scritto che bisogna tornare indietro, una volta intrapresa una strada e dopo essersi resi conto che finalmente è quella giusta, perché mai uno dovrebbe tornare indietro!

Attenzione però, le apparenze ingannano e anche se ogni giorno indossiamo un costume diverso e parliamo con un accento diverso, rimaniamo sempre noi stessi perchè in fondo non si può "recitare" una parte per sempre.

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