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6/10

World War Z regia di Marc Forster

Horror
recensione di Gabriella Massimi

In un giorno come tanti altri, Gerry Lane e la sua famiglia si trovano in auto bloccati dal traffico metropolitano. Lane, un ex-impiegato delle Nazioni Unite, ha la sensaziione che non si tratti del classico ingorgo. Ovunque per le strade, orde di persone si avventano ferocemente tra loro, contagiandosi con un morso di un virus letale che trasforma gli esseri umani in creature irriconoscibili e feroci. Le origini del virus sono sconosciute, mentre il numero delle persone infette cresce di giorno in giorno, raggiungendo rapidamente i livelli di una pandemia globale. Le ipotesi che questa epidemia possa sopraffare gli eserciti di tutto il mondo ed arrivare a distruggere i governi e le popolazioni, fanno scendere in campo Lane che deve combattere in prima persona, memore del suo passato pericoloso di agente dell'ONU, nel disperato tentativo di raccogliere informazioni in giro per il mondo su questa terribile epidemia che minaccia la sopravvivenza del genere umano, e fermarla.

"La Guerra è appena cominciata"

Con questa frase finisce World War Z, l'ultima pellicola del regista Marc Forster, del quale ricordiamo tra gli altri Monster's Ball-L'ombra della vita, Neverland-Un sogno per la vita, Vero come la finzione, Il cacciatore di aquiloni e Quantum of Solace.

Sarà stata probabilmente la volontà di Forster a impegnarsi in molti generi diversi a portare i produttori Brad Pitt, Dede Gardner, Jeremy Kleiner e Ian Bryce a sceglierlo come regista per il nuovo film sugli zombie.

World War Z nasce come un romanzo horror fantascientifico post apocalittico di Max Brooks dal titolo World War Z-La Guerra Mondiale degli Zombi. E' un romanzo epistolare, ossia composto da una raccolta di interviste a testimonianza dei fatti.

I 4 produttori, rappresentanti della Plan B Entertainment, letto il libro ne sono rimasti catturati, ma come prevedibile la struttura del romanzo mal si prestava a una sceneggiatura. Per questo si affidarono a Matthew Micheal Carnahan, sceneggiatore, produttore e presto anche regista.

La storia viene così raccontata attraverso un solo protagonista cercando però di mantenere intatti i temi essenziali e i punti salienti della trama.

Non posso certo considerarmi una fan dei film sugli zombi, anche se ho apprezzato sia 28 giorni dopo che Io sono leggenda, ma devo ammettere che ormai il genere zombi è diventato a sé stante ed attualmente sta godendo di un ampio consenso popolare, sia in ambito cinematografico, che editoriale, che televisivo.

Lasciatemi però constatare che la trama, purtroppo, è sempre la stessa: un virus ti trasforma in zombi, tu mordi qualcuno, quello diventa zombi e così via fino a che i pochi sopravvissuti non trovano la agognata cura che porterà alla debellazione totale dell'epidemia.

Nulla da obiettare sulla qualità del 3d, gli effetti speciali e le scene di massa, ma la trama e la successione degli eventi fanno un po' scadere la pellicola, trascinandola a volte fin nel ridicolo (mi sono trovata a ridere in scene che erano sicuramente nate per far passare allo spettatore un angosciante quarto d'ora).

Già pochi minuti dopo i titoli di testa si entra nel vivo del film con l'apparizione dei primi zombi, che in pochissimo tempo infettano chiunque gli capiti a tiro trasformando Philadelphia, ossia Glasgow, in un pandemonio di gente che fugge terrorizzata e veicoli che si incidentano tra loro (anche la povera Volvo di Brad fu sacrificata per la scena).

Ed è in queste prime scene che lo spettatore ha modo di capire che razza di zombi ha davanti.

Dimentichiamoci gli zombi alla Romero. In questo caso si muovono in modo isterico, portati dal bisogno di infettare i sani e soprattutto si spostano in branco. I realizzatori infatti hanno utilizzato la teoria dello sciame che si coglie molto bene nelle numerose scene di massa.

Mentre per la trasformazione in morti viventi si sono ispirati ai movimenti delle persone in preda a un attacco epilettico, per quanto riguarda lo stato d'animo dello zombi il miglior esempio da seguire pare sia stato il personaggio interpretato da Javier Bardem in Non è un Paese per Vecchi.

E' in questo pandemonio che si distingue fin da subito Brad Pitt nelle vesti del tipico eroe per caso, Gerry, che dopo aver messo in salvo la famiglia viene "gentilmente" convinto a partecipare alla missione che salverà il mondo; missione che lo porterà in Corea del Nord prima e in Israele e Galles dopo.

E' probabilmente a Gerusalemme che si svolgono i dialoghi e le scene più interessanti del film. La guida di Gerry qui è Jurgen Warmbrumm del Mossad, interpretato dal regista, attore e produttore israeliano Ludi Boeken. Il dialogo tra Gerry e Warmbrumm racchiude meglio quell'animo politico che il regista ha tentato di inserire nel film. Come ci dice Warmbrumm, mai gli Ebrei si erano immaginati negli anni venti di venir sterminati nei campi di concentramento; mai pensavano che durante le Olimpiadi del 1972 a Monaco 11 atleti israeliani sarebbero stati rapiti e uccisi dall'organizzazione palestinese settembre nero; e infine mai avrebbero immaginato di essere attaccati duramente dagli arabi dando vita a una guerra che sta durando ancora oggi. Ma questa volta, questa volta che si parla di zombi, gli israeliani si sono attivati subito circondando la capitale di enormi mura per contenere la minaccia.

Siamo ormai a 3/4 del film, è arrivato il momento di scoprire la cura.

Attenzione però, è un antidoto nuovo, che nessuno aveva ancora mai incontrato, e per questo preferisco non rivelarvi il segreto di questa agognata cura che tutto fa tranne che curare chi la assume. Ma non dico altro.

A questo punto la missione del povero Gerry finisce e comincia la vera guerra contro gli zombi, perché ora che i sani sono in grado di mantenersi tali allora si che si può fare una guerra alla pari: da una parte quelli pieni di armi e dall'altra quelli infettati. In breve la tipica guerra all'americana.

In conclusione, per i veri patiti di film sugli zombi, questa pellicola può essere un modo per indottrinarsi ancora di più sull'argomento in ogni sua sfaccettatura, ma per il resto rimane il filmone alla Hollywood con il compito di attirare in sala il maggior numero possibile di avventori.

Del resto come ci dice lo stesso Pitt " …è stato un passatempo estivo e francamente, è una cosa che volevo fare per i miei figli ". Come passatempo estivo mio padre mi regalava la piscinetta gonfiabile, questo mi bastava per sentirmi la bambina più fortunata del mondo.

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