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8/10

Faber In Sardegna & L'ultimo Concerto Di Fabrizio De Andre regia di Gianfranco Cabiddu

Documentario
recensione di Gabriella Massimi

Faber in Sardegna & L’ultimo concerto di Fabrizio De André è il film dalla doppia anima che unisce armoniosamente, in due ore di musica indimenticabile, il racconto del rapporto tra Fabrizio De André e un luogo speciale come l’Agnata e la Sardegna, con l’ultimo memorabile concerto del cantautore genovese, ripreso dal vivo al Teatro Brancaccio di Roma nel 1998 e disponibile ora in una versione mai vista prima, restaurato e rimasterizzato in ultra HD con audio 5.1.

Fabrizio de André era un poeta e la sua musica è poesia.

Il 27 e il 28 maggio, lo spettatore che si sbilancerà a non andare a vedere il solito film, non si ritroverà davanti a un semplice documentario o una semplice ripresa di un concerto di un famoso cantautore italiano; bensì varcherà la soglia di un mondo dove l'artista genovese si era rinchiuso, un luogo dove annaffiava l'orto che si era fatto con le sue mani e nel contempo la carta da cui poi sarebbero nate le bellissime opere musicali che ancora oggi risuonano nelle case, nelle macchine e nelle bocche degli amanti di Fabrizio de André.

Con questa opera filmica Gianfranco Cabiddu ha voluto ricordare Fabrizio, narrandone in particolare il rapporto che costui aveva con la Sardegna e con la tenuta l'Agnata che acquistò insieme alla moglie Dori Ghezzi nel 1976 e nella quale i due si stabilirono.

Un documentario quello di Cabiddu che vive di musica, ma non solo; numerose e bellissime sono infatti le testimonianze delle persone che in un modo o nell'altro gravitavano attorno a Fabrizio e attorno all'Agnata.

Dalla moglie Dori all'architetto Piano; dal figlio Cristiano al parroco del paese Don Vico; dalla coppia sarda di cuochi al fedele fattore Filippo che per 27 anni rimase al fianco di Fabrizio, e anche dopo la sua morte, come promise, continuò a  curare con amore e attenzione la tenuta al fianco di Dori.

Certo, a vederla in  questo modo sembra quasi che Fabrizio de André fosse un proprietario terriero della Sardegna del nord, occupato a coltivare il terreno, curare le sue belle vacche Limousine e produrre vino e olio; e in effetti era così, almeno per lui. Il Fabrizio che conoscevamo tutti era un cantautore genovese degli anni '70-'80, ma il vero Fabrizio era un contadino, appassionato di musica che nei momenti di magra, faceva un paio di concerti per tirare sù qualche soldo.

Forse venire a conoscenza del vero Fabrizio un pochino mi ha rattristata; ero solo una bambina quando cominciai a cantare, seduta nel sedile dietro della macchina dei miei genitori, La Buona Novella, uno dei dischi più famosi di de André, e nel momento in cui pochi giorni fa risentivo, seduta nella poltrona del cinema, quelle stesse canzoni, le parole uscivano da sole dalla mia bocca e non potevano essere zittite, perchè de André va cantato e declamato ad alta voce.

E i ricordi di bambina vanno anche al 12 gennaio 1999, quando trovai mia madre in lacrime, davanti alla televisione che annunciava la morte di Fabrizio.

Allora non potevo soffrirne, non lo avevo vissuto come lo aveva vissuto lei, però potevo dire di averlo conosciuto, di averlo cantato e amato.

Di sicuro l'ho sofferto un pò al cinema davanti al documentario di Cabiddu che ogni tanto sfora nel drammatico, ma non per questo si fa latore di tristezza, nostalgia e lacrime; anzi di lacrime si, un pò ne sono scese tra i giornalisti presenti in sala, ma erano lacrime accompagnate da sorrisi o meglio ancora canzoni.

Il ricordo di Fabrizio è ancora vivo e lo sarà fino a che ci saranno generazioni che lo ricorderanno, suonando e cantando le note, le parole, i testi dell'artista sia nella vita di tutti i giorni che in contesti più intellettuali o istruttivi.

Appigliamoci quindi alle parole, anche se volatili, visto che i beni materiali, come la bellissima villa sarda, sono già stati divorati dal nuovo millennio consumista che è riuscito a fare dell'Agnata un albergo a 3 stelle con tanto di ristorante annesso.

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