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8/10

Il Cliente regia di Asghar Farhadi

Drammatico
recensione di Gabriella Massimi

Emad e Rana, costretti a lasciare il loro appartamento nel centro di Téhéran a causa di importanti lavori che minacciano la loro proprietà, si spostano in una nuova casa. Dopo l'incidente legato all'ex inquilino, la vita della giovane coppia cambierà profondamente.

“Che disastro questa città. Bisognerebbe raderla al suolo e ripartire da zero”.

La città in questione è Theran e il fautore del pensiero è Emad, il protagonista maschile dell’ultima pellicola del regista iraniano Asghar Farhadi.

Dopo la Francia, dove girò Il Passato, Asghar aveva scelto la Spagna come cornice per il suo successivo film, ma gli eventi lo costrinsero a tornare alla terra natale. Aveva già preparato una sceneggiatura e fatto i sopralluoghi, ma ci sarebbe voluto un interno anno per riunire la troupe, motivo per cui tornò a Theran e riesumando appunti e appuntini diede vita a Il Cliente (Titolo originale: Il Venditore).

L’elemento scaturente l’intera pellicola è il Teatro; da tempo Asghar desiderava girare un film che fosse ambientato nel mondo del palcoscenico.

Teatranti sono infatti i due protagonisti del film, Emad e Rana; la loro compagnia è intenta a mettere in scena un’opera di Arthur Miller, Morte di un Commesso Viaggiatore. E qui ecco che i fili rossi iniziano a rivelarsi: la famiglia, la casa, il lavoro, tutti elementi che intrecciano l’opera di Miller con la pellicola di Farhadi.

La famiglia rappresentata da Emad e Rana.

La casa vecchia, pericolante e da cui sono costretti a scappare.

La casa “nuova”, la salvezza in un primo momento, un incubo da cui scappare in un secondo.

La città, Theran che come New York è in una fase di mutazione e crescita, almeno secondo il parere di Asghar.

Chi sembra comunque portare avanti tutto questo è Rana. La donna infatti, come un pò tutte le donne del mondo di Asghar sono forti, decise, rispondono ai loro mariti, divorziano da questi e di sicuro sorridono poco. Delle stranezze magari per chi dall’Occidente guarda verso l’Oriente immaginandosi invece delle situazioni familiari completamente opposte. È difficile dare un giudizio, seppur soggettivo, sulla pellicola. Sembra che sia stata realizzata per poter mutare il suo “aspetto” a seconda dello spettatore che si ritrova davanti. Disparati sono stati infatti gli aggettivi utilizzati dai colleghi in sala, una volta terminata la proiezione. Non posso certo dire che la pellicola non sia di buon livello, anzi, ma ancora adesso a qualche giorno dall’anteprima faccio fatica a darle un giudizio che mi convinca davvero.

Resto quindi in attesa di spunti esterni che chiariscano le idee…

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tramblogy alle 21:49 del primo dicembre 2016 ha scritto:

non ne sbaglia uno....

alexmn alle 22:53 del 4 dicembre 2016 ha scritto:

era un po' che non commentavi e, sinceramente, mi mancavi mi fa piacere rileggerti ed essere assai d'accordo con te. farhadi è davvero un gran regista.

tramblogy alle 21:01 del 5 dicembre 2016 ha scritto:

grazie, caro...ciaooo.