R Recensione

5/10

Fino a qui tutto bene regia di Roan Johnson

Commedia
recensione di A. Graziosi

L'ultimo weekend di cinque ragazzi che hanno studiato e vissuto nella stessa casa, dove si sono consumati sughi scaduti e paste col nulla, lunghi scazzi e brevi amplessi, nottate sui libri e feste all'alba, invidie, gioie, spumanti, amori e dolori. Ma adesso quel tempo di vita così acerbo, divertente e protetto, sta per finire e dovranno assumersi le loro responsabilità. Prenderanno direzioni diverse, andando incontro a scelte che cambiano tutto. Chi rimanendo nella propria città, chi partendo per lavorare all'estero. Il racconto degli ultimi tre giorni di cinque amici che hanno condiviso il momento forse più bello della loro vita, di sicuro quello che non scorderanno mai.

Eccoci di fronte ad una nuova proposta del cinema indipendente italiano. La regia del film è firmata da Roan Johnson, 37enne reduce dal CSC alla sua seconda pellicola da regista dopo I primi della lista. Un po' come è successo analogamente con Spaghetti Story, Fino a qui tutto bene cerca di farsi forza sulla struttura "garibaldinesca" delle modalità produttive in cui il film ha avuto luce, ovvero grazie soprattutto al coproducing e alla compartecipazione di attori e autori che non sono stati pagati in cambio di una quota dei futuri guadagni. Che si spenda poco è assolutamente un bene, visti anche i tempi di crisi che corrono in generale e nel campo dell'audiovisivo.

La nota stonata è invece che la "leggerezza a tutti i costi e nonostante la crisi" sembra quasi si stia trasformando in una sorta di pretesto per rimanere più in superficie in una storia, con la scusante ulteriore del basso budget. Dunque sembra lecito chiedersi fino a quando si potrà continuare su questa strada, in un filone che più che dar speranza sembra quasi proporre un cinema da "telefoni bianchi", nel senso che è poco graffiante e davvero inoffensivo anche sul lato satirico della commedia di costume. A metà tra un Ovosodo in salsa pop e un'eco de L'appartamento spagnolo, gli intermezzi ludici del film sembrerebbero quasi più consoni alle bravate tipiche dei 100 giorni alla maturità che a coinquilini universitari prossimi alla trentina. Anche la scelta del casting riserva alcuni punti deboli: sembrano convincere di più i ragazzi in generale, ma forse la causa è anche una mancata caratterizzazione di base dei personaggi femminili, pressoché gemelli e poco incisivi nel loro femminismo radical.

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