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7/10

La regina d'Africa regia di John Huston

Avventura
recensione di Gloria Paparella

Durante la Prima Guerra Mondiale un’acida zitella inglese e un rude marinaio discendono un fiume africano con l’intento di affondare una nave da guerra tedesca. Tra diverse avventure e combattimenti, la coppia finirà per innamorarsi.

La regina d’Africa è un film d’avventura che, allo stesso tempo, sembra essere una critica, se non una parodia, di questo tipo di cinema. Tratto dal romanzo di Cecil Scott Forester, il film ha per protagonisti un insolito Humphrey Bogart nella parte di un marinaio rozzo e alcolista e Katharine Hepburn nel ruolo di una quarantenne zitella, ossuta e bigotta.

La pellicola è stata girata tra l’Uganda e lo Zaire ma, a differenza di tante altre avventure esotiche del cinema hollywoodiano, qui non emerge il fascino e il colore dell’Africa; anzi, la fauna, in tutta la sua crudezza, diventa qui un pretesto per le simpatiche uscite di Charlie Allnutt (Humphrey Bogart), la cui interpretazione rende il romanzo di Forester carico di umorismo. Infatti, se inizialmente John Huston aveva pensato a un’impostazione più drammatica del film, l’istrionismo recitativo di Bogart e della Hepburn ha portato il regista alla conversione ad un umorismo grottesco. La commedia a due caratterizza buona parte della pellicola, anche se il tentativo dei protagonisti di affondare una nave tedesca con un piccolo rimorchiatore munito di dinamite rimanda alla tematica avventuristica che aveva connotato film precedenti del regista quali Il tesoro della Sierra Madre (1948) e Giungla d’asfalto (1950). Il “conflitto”  tra Rose (Katharine Hepburn), compassata e spigolosa missionaria, e il barbuto e rude marinaio, è però ciò che anima davvero il film, anche se dal punto di vista puramente registico, il movimento aereo della telecamere, sempre puntata sui due attori, rende la narrazione molto intensa.

Dal canto loro, la coppia Bogart-Hepburn è fantastica (l’attore vinse, finalmente, il suo Oscar), con l’uno che riesce ad esaltare al meglio le qualità dell’altra portando luce anche nelle scene più drammatiche; la loro è una combinazione di due concezioni artistiche che fa emergere un umorismo naturale che, altrimenti, sarebbe rimasto tra le righe del racconto.

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