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9/10

Highlander L'Ultimo Immortale regia di Russell Mulcahy

Fantasy
recensione di Gabriele Repaci

Connor MacLeod (Christopher Lambert) nato a Glennfinnan sulle rive del Loch Shiel nelle Highlands della Scozia nel 1518 appartiene ad una stirpe di Immortali i quali possono essere uccisi solo se viene tagliata loro la testa. Dalla notte dei tempi essi si battono fino a quando non ne rimarrà soltanto uno il quale riceverà la tanto anelata Ricompensa.  

Sin dai suoi albori l’umanità si è sempre dovuta confrontare con il fatto che la propria esistenza in questo mondo è inevitabilmente limitata. Per quanto si possa ritardarla attraverso adeguate cure mediche ed uno stile di vita sano la morte ad un certo punto giunge per tutti. Connor MacLeod, interpretato dall’attore Christopher Lambert e personaggio principale del film Highlander – L’ultimo Immortale di Russell Mulcahy non deve preoccuparsi di questo. Egli infatti non invecchierà mai, non si ammalerà mai, insomma non morirà mai a meno che un altro immortale come lui non gli stacchi la testa dal collo. A prima vista sembra che al nostro protagonista sia stato fatto un dono straordinario, un qualcosa che da sempre tutti gli uomini bramano, ovvero la vita eterna. Eppure la sua esistenza è molto più difficile di quella dei comuni mortali. Costretto a cambiare continuamente identità e luogo d’appartenenza gli è impossibile legarsi a qualcuno in quanto mentre lui vivrà per sempre costui o costei prima o poi morirà. La sua dunque è una vita solitaria fatta di dolore e sacrifici volta alla conquista della Ricompensa un premio di cui solo l’ultimo degli Immortali rimasti potrà godere. Essa consiste nella possibilità di invecchiare insieme alla persona che si ama avere dei figli e infine morire. Può sembrare grottesco ma forse l’ideale dell’immortalità non è poi così affascinante come può apparire. In un passo della canzone dei Queen Who Wants to live forever che fa da colonna sonora alla pellicola è riportata la seguente strofa: «Who dares to love forever? When love must die» ovvero «Chi vuole amare per sempre? Quando l’amore deve morire». A cosa serve una vita eterna se non la si può condividere con le persone che ci sono più care? Nei suoi Saggi  il filosofo francese Michel de Montaigne scrisse: «L’utilità del vivere non è nella durata ma nell’uso: qualcuno ha vissuto a lungo pur avendo vissuto poco; badateci finché ci siete. Dipende dalla vostra volontà, non dal numero degli anni, l’aver vissuto abbastanza».  Inoltre proprio in virtù del fatto che la nostra vita è finita noi siamo costretti a progettare il nostro futuro. Se non avessimo paura della morte non saremmo spronati a dare un senso alla nostra esistenza, a prendere alcune decisioni piuttosto che altre. Solo riconoscendo la possibilità della propria fine dunque l’uomo ritrova il suo essere autentico e comprende veramente se stesso.   

Nonostante si  sia rivelato all’epoca un flop al botteghino (su 16 milioni spesi per produrlo ne incassò solo 13) con il tempo il tempo Highlander divenne un vero e proprio film di culto. Lo stesso non si può dire per i suoi numerosi sequel come Highlander II - Il ritorno (1990) , Highlander III (1994), Highlander: Endgame (1994) e Highlander: The Source (2007) i quali cercando di discostarsi dal genere fantasy che aveva caratterizzato il primo film, per tentare di seguire la strada della fantascienza, hanno incontrato esiti a dir poco fallimentari.  

 

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