Cannibal Holocaust regia di Ruggero Deodato
HorrorUna spedizione di soccorso guidata dal noto antropologo Harold Monroe e patrocinata dall’Università di New York e dalla BDC si mette alla ricerca di quattro giovani reporter americani scomparsi nell’Amazzonia senza lasciare tracce. Grazie al ritrovamento di una pellicola, si viene a scoprire che essi sono stati uccisi dagli indigeni del luogo a causa delle atrocità commesse contro la popolazione inerme.
Forse nessun film come Cannibal Holocaust ha attirato su di se tante polemiche e tante condanne. Il regista Ruggero Deodato non solo fu accusato dalla critica di aver fatto uso di un bieco sensazionalismo al semplice fine di provocare sdegno e disgusto, ma venne addirittura condannato a quattro mesi di reclusione per violenza sugli animali. D’altra parte stando alle dichiarazioni dello stesso Deodato, il noto regista Sergio Leone lo avrebbe avvisato che questa pellicola gli avrebbe causato seri problemi con la giustizia. Senza dubbio si tratta di un film per stomaci forti in cui non viene risparmiata allo spettatore nessuna scena di violenza dal cannibalismo allo stupro sino all’impalamento. La parte tuttavia più controversa del lungometraggio che ha suscitato, per altro giustamente, le maggiori critiche, è quella che riguarda le scene di violenza sugli animali, girate per davvero, come l’uccisione da parte del reporter Mark Williams, interpretato dall’attore Luca Barbareschi, di un maialino del villaggio indigeno. A sua discolpa Deodato asserì che la bestie uccise durante le riprese furono poi mangiate dalla troupe a dagli indios del luogo che non avevano altro di che nutrirsi. Con il passare del tempo questo film fu rivalutato dalla critica sino a diventare una vera e propria pietra miliare della storia del cinema. Quentin Tarantino ha dichiarato che Cannibal Holocaust è il suo film italiano di exploitation preferito e che ha avuto una grande influenza su di lui. Altri hanno fatto giustamente notare come il film di Deodato abbia anticipato il genere mockumentary o found footage cioè il falso documentario, reso celebre da pellicole come The Blair Witch Project o la trilogia di REC. Ad avviso di chi scrive Cannibal Holocaust rimane uno dei film di denuncia più forti sul ruolo dei mass-media nell’epoca contemporanea e del loro potere di condizionare e manipolare la società. Non è un caso che ciò che spinse Deodato a girare questo lungometraggio furono i reportage violenti che all’epoca passavano al telegiornale, dai morti ammazzati dal terrorismo alla repressione poliziesca contro le manifestazioni studentesche. Indicativo rimane il commento finale del professor Harold Monroe interpretato dall’attore Robert Kerman, che uscendo dal palazzo della BDC (palmare riferimento alla BBC) si domanda fra sé e sé chi siano i veri cannibali. Chi è infatti il vero cannibale gli indios dell’amazzonia legati a pratiche tribali o i quattro reporter americani che hanno commesso atrocità contro la popolazione locale solo per il gusto di fare un buon documentario? Le nostre società moderne, dove non ci si scandalizza più per il fatto che una minoranza della popolazione detenga nelle sue mani la maggior parte della ricchezza, dove viene ritenuto normale privare i cittadini di diritti sociali quali la casa, il lavoro o l’educazione per i figli sono davvero più «civili» di quelle impropriamente dette «primitive» dove avvenivano pratiche come il cannibalismo rituale? Forse aveva ragione il filosofo francese Michel de Montaigne quando ne i suoi celebri Saggi della fine del XVI secolo scrisse che «ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi».
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