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4/10

In Guerra Per Amore regia di Pierfrancesco Diliberto

Commedia
recensione di Claudia

1943: innamoratosi di una bella compaesana (Miriam Leone) in quel di New York, giovane cameriere siciliano (Pif) decide di unirsi alle truppe straniere d'america che stanno per sbarcare in Sicilia pur di avere un (unico) modo di tornare a casa e chiedere la mano al padre di essa.

Regia, scenografia, fotografia curatissime. Sceneggiatura un po' meno. La storia del soldatino innamorato é un must di eterna e immediata conoscenza, ma in questa cornice cartolinesca egli diventa ancora più 2d di quanto siamo già abituato a conoscerlo.

Neanche le continue gru (c'è anche una soggettiva dal cielo!) riescono a risollevare una mappettazza di storia, non solo per il suo partire da uno spunto palesemente improbabile, ma anche per la resa: gli interpreti non hanno il carisma per portare avanti tale epica love story di guerra e avversità (non sono certo Greer Gerson e Ronald Colman, Miriam Leone e Pif), basti vedere Andrea Di Stefano in camera per capire quanto mangi la loro flebile presenza, persino in questa versione in cui ogni tanto dimentica di dover parlare italoamericano e passa alla sua splendida e chiara dizione.

L'impianto descrittivo sarà ligio e costumizzato alla grande, ma di una noia mortale, pieno di aneddoti raccontati da qualche nonno (quello del latte condensato dato alle galline) o di piccoli tocchi visti e rivisti (ciao, Baaria!) che possono interessare solo chi é del luogo e che nonostante ciò si traducono nella creazione di un prodotto impersonale da vendere al bel mondo estero; del tipo che avrebbe potuto girare anche una troupe straniera con gli stessi identici esiti -anche se la New York genere negozio di caramelle continueremo sempre a farle meglio noi .

Nello specifico del racconto la parte amorosa non è mai abbastanza melò -o lo è troppo- per colpire al cuore o a qualsiasi altro organo e la sezione di denuncia (assimilabile ad una puntata de “il testimone”) oltre che appiccicata un po' con lo sputo è anche pericolosamente facilona sul discorso mafia, con tanto di prove scritte genere “Tranquilli, è tutta colpa degli ammerigani!” accolte con applausi scroscianti da platea che non vedeva l'ora di lavarsi le mani dal più grande male nostrano. Battute non pervenute o studiatissime (l'episodio della condanna, quello della mucca), echi di Sorrentino, Wes Anderson, Robert Zemeckis -Forrest Gump soprattutto- ovunque.

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