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7/10

The Young Pope regia di Paolo Sorrentino

Drammatico
recensione di Claudia

Il giovane americano Lenny Belardo (Jude Law) viene eletto al soglio pontificio a soli 47 anni e con stupore di tutti, soprattutto del suo mentore e “quasi vincitore” cardinale Spencer (James Cromwell) .

Nonostante la giovane età Lenny è un conservatore della vecchia ora, che arriva a scegliere il nome di Pio tredicesimo per rifarsi alla tradizione di alcuni dei papi più instransigenti della storia (tra cui pio undicesimo, papa mussoliniano) e a richiedere alcuni accorgimenti il cui sunto finale è nella frase “forse non mi meritate” detta durante una prima omelia ritardata il più possibile perchè non vuole “essere visto”. Lo seguono in questo tragitto la devotissima suor Mary, sorella che lo accudì fin da quando, da piccolo, venne abbandonato presso il suo orfanotrofio da due “genitori hippy” e il meno fanatico cardinale Voiello (Silvio Orlando) i cui entusiasmi per il nuovo papa lasciano il posto a manovre di arginamento una volta resosi conto con chi ha a che fare.

 

E' molto difficile valutare una serie tv dopo averla vista in un cinema, su un maxi schermo debitamente illuminato (che che ne dica Sorrentino, non contento, pare, della resa cinematografica): un film che passa anche in tv è ben diverso da un prodotto nato solo per questo mezzo, come questa serie in 10 puntate e da 40 milioni di budget. Ed anche il nostro istinto -e chissà, forse anche il nostro cervello- lo sa: quindi impossibile dire come risponderà l'attenzione e il focus casalingo ai bei ma lunghi dialoghi, alla ripresa raramente in campo controcampo ma quasi sempre laterale dei suddetti, alle pause, alle stranezze, alle attese.

Perchè sono tutte terribilmente accordate con quel mistero che è lo stato del vaticano, di cui suor Mary dice “ho letto una strana definizione di Roma venendo qui: Roma è un sobborgo di città del Vaticano”, prima ancora che con la liturgia ecclesiastica - c'entrante il giusto in questa opera, per nulla indirizzata a dare giudizi o pareri- ma forse non con il piccolo schermo, che è ormai sempre più un alternativa di lusso a quello che era un tempo, come dimostra anche questa meticolosa serie, ma il miracolo non si è ancora compiuto totalmente.

I dialoghi tipici Sorrentineschi- a questo giro scritti con Rulli e Petraglia , oltre al fido Contarello- hanno veramente una ragione di esistere, vien quasi da dire per la prima volta, in un mondo come questo; ma anche se la chiave è finalmente stata trovata, non è detto che funzioni per tutte le serrature: bravissimi quindi gli interpreti soprattutto americani a far loro le più teatrali delle rivelazioni ( “questo posto sa di morte, preferisco l'odore di merda e vita” ) , ma bisogna sempre combattere con il fatto che tutti ma proprio tutti parlino in questo modo sfingesco e filosofico, dal semplicissimo prelato, al duro cardinale che confessa la sua omosessualità, al vivace monsignore; molti dei quali in teoria neanche parlanti nella stessa lingua di Lenny e quindi sottopostosi anche a traduzioni arditissime soprattutto se fatte sul momento e non preparate. Insomma: si esprimono tutti come il papa, che, a sua volta, parla come Sorrentino. L'unico esente da questo spirito (Santo?) è proprio Michael Spencer, il mancato papa che non disdegna parolacce,ma James Cromwell è un enorme e quindi la cosa non risuona falsa ne paradossale, ne critica della chiesa, come qualcuno pareva insinuare in sala (ma bisognava non aver mai visto nulla stampato in pellicola e proiettato sulla retina per pensarlo)

detto ciò, la serie va e va bene, e riesce anche a non bearsi della sua sola idea di partenza (un papa giovane e bello ma che giovane e bello non è) per costruire qualcosa oltre che di prosaico anche di sostanziale, come ad esempio la sfida sottintesa - genere trono di spade del papato - tra il papa e Voiello: entrambi a conoscenza delle nefandezze l'uno dell'altro, entrambi per niente bloccati dall'usarle. Al pacchetto “scorrevolezza prima di tutto” non mancano neanche i cliffhangher a fine puntata e un interessante “back story” sulla vita del papa, suor mary e il suo amico d'infanzia (?) Dussolier (il bravissimo Scott Shepherd: il suo sguardo a “Lenny” mentre “arriva tardi” per l'omelia meritava il suo trailer a parte)

Anche i non fan di Sorrentino, vedendo “The young pope”, troveranno i suoi vari tocchi visivi del tutto possibili -lo stesso regista ha spiegato come davvero al papa regalino cose strambe come canguri- e plausibili ed anzi, si chiederanno perché non ce ne siano di più, oltre alla maglietta della suora con scritto i'm a virgin o il papa che fuma e cita i daft punk . Che non si dovesse esagerare? Che non si volesse citare? Che fosse terrorizzato dall'idea che qualcuno non prendesse sul serio questa storia e quindi questo prodotto ? Chi lo sa. Eppure poteva sbizzarrirsi, molto piu che con palazzo Chigi e il suo gatto persiano bianco de "il divo", paradossalmente una storia vera trattata come falsa, al contrario di questa. Aspettiamo per la seconda serie, già in fase di scrittura

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