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6/10

Mortadello e Polpetta contro Jimmy lo Sguercio regia di Javier Fesser

Avventura
recensione di Giulia Betti

La vicenda del film inizia con il furto della preziosa cassaforte della T.I.A. (l'agenzia per cui lavorano Mortadello e Polpetta) da parte di Jimmy Lo Sguercio, un pericoloso criminale dallo sguardo decisamente folle. Il furto avviene sotto gli occhi del direttore dell'agenzia, Mister L. ed è qui che entrano in scena i nostri eroi che, oltre a dover recuperare la cassaforte, dovranno vedersela con una galleria di personaggi scombinati e divertenti, tra cui Tranciamuli, un energumeno di 3 quintali appena uscito di prigione e intenzionato a vendicarsi di Polpetta che lo ha fatto arrestare 15 anni prima.

 

Diciamo pure che sarebbe decisamente erroneo presentarmi come una fervida amante dei film d’animazione, e forse entra sensibilmente in gioco anche questo mio NON-incontrollato-ed-incommensurabile amore per i cartoni animati nella seguente critica al presente film, ma, su questo posso garantire con raccomandata onestà, non parto mai prevenuta e non mi armo mai di pregiudizi e preconcetti quando mi accomodo sulle consumate poltroncine del cinema in attesa che l’opera d’arte mi si riveli. Spero sempre in un’epifania, ecco tutto, e se ciò non si presagisse all’orizzonte, m’accontenterei pure di sacrificare due ore ad una fruizione totalmente inutile, ma piacevole. Perlomeno piacevole.

 

Per introdurre la mia critica, scelgo di rispolverare un po’ il significato del termine "Film d’animazione". Incomincerei affermando ed insistendo che è assolutamente (ed imperdonabilmente) erroneo definire l’Animazione, un Genere. Genere è l’horror, genere è la commedia, genere è il drammatico, genere è il noir. Generi questi, tutti fortemente e talvolta fortunatamente sfruttati dal mondo dell’animazione. Animazione che è correttamente definibile Linguaggio, così come linguaggio è il Live Action, ovvero la ripresa dal vero. Pertanto esistono film d’animazione horror come Blood: The Last Vampire, del giapponese Mamoru Oshii, o drammatici come Valzer con Bashir di Ari Folman (che in questo caso tocca anche il genere documentario), e di avventura/spionaggio come quello che andiamo ad analizzare: Mortadello e Polpetta contro Jimmy lo Sguercio.

Dunque arriviamo al punto. Mi è quindi piaciuto questo film? La risposta è no, semplice e personalissima, come forse non dovrebbe mai essere la risposta di un critico cinematografico (ruolo che infatti non ricopro), il quale dovrebbe limitarsi ad informare il lettore-attuale/spettatore-potenziale nei riguardi dell’opera, del regista e delle altre opere di quest’ultimo in confronto ad essa, e ad analizzare il prodotto come farebbe un giudice ad un concorso di bellezza per cani, controllarne scientificamente i denti (suppongo), la posizione corretta (credo) la camminata (di questo sono quasi certa), insomma vedere se ha tutte le cosine al suo posto e giudicare di conseguenza. Ma il “No”, come pure sarebbe stato un Sì, si concretizza come perfettamente inutile se non giustificato, contestualizzato, avvalorato con una sufficiente tesi in merito, e allora procediamo.

Non starò qui a sacrificare righe descrivendo il “buffo vestiario” dei personaggi, il loro “simpatico aplomb” e il loro “strampalato stile di vita”, tutte cose che potrete rintracciare nelle decine di articoli di altrettante testate che hanno pensato bene di copia-incollare la presentazione dal pressbook, senza spendere pareri personali in merito dell’opera di Javier Fesser, le quali quindi unanimemente, uniformemente, ed “univocabilmente” - nel senso che non si sono impegnate neppure a cambiare le parole - lo hanno descritto come “più divertente film d’animazione del 2016”, “opera brillante e ricca di spassosissime gag” etc etc etc etciù! (scusate, sono allergica alle lusinghe gonfiate).

Incomincerei dalla fine, ovvero dalle facce e dai commenti che ho intercettato al termine della proiezione, elementi questi a cui sto abitualmente attenta perché l’atteggiamento del pubblico è parte integrante dello “storico” dell’opera stessa. E che dire, non erano certo soffocate da uno spasmodico entusiasmo quelle degli adulti, e neppure i bambini sembravano particolarmente estasiati. Motivo primo? Il film di Fesser, così come il famoso ed apprezzato fumetto di Francisco Ibáñez da cui è tratto, è a tutti gli effetti figlio legittimo dell’Alta e della Bassa cultura spagnola, materia della quale noi italiani non possiamo essere (naturalmente) profondi conoscitori. Citazioni, allusioni, commenti satirici alla propria madrepatria e al suo popolo, che da las mujeres, los hombres y los niños italiani, sono passate assolutamente inosservate. Problemi di decodifica, ¡probablemente!

Oltre alla non-capacità di cogliere certe sfumature e strizzate d’occhio, c’è però anche il problema della “sensibilità”, insomma, non tutti i popoli ridono per le stesse cose ed allo stesso modo. Diciamo pure che lì dove sarebbero dovute cadere (a livello di sceneggiatura) le battute, e che infatti cadevano, non cadeva però - scusate la ridondanza terminologica - la risata del pubblico italiano che assisteva all’anteprima. Complice la traduzione dallo spagnolo all’italiano che ci avrà privato di chissà quanti simpatici (anche se un po’ oldstyle) giochi di parole, ma è pur vero che anche nel terreno del comprensibile, le oasi dello spassoso in cui andarsi ad abbeverare, erano per lo più un miraggio. Troppi tette, culi, calci nelle parti basse ed allusioni sessuali per poter essere adatto ai più piccoli, e poche gag o battute che non fossero straziatamente prevedibili per attirare un pubblico adulto.

Ecco tutto quindi per quanto concerne il contenuto. Promossa a pieni voti è invece la realizzazione tecnica. Da sturbo le inquadrature e movimenti di macchina, le quali, possiamo ben dirlo, non hanno di che invidiare a quelle dei più riusciti film di spionaggio in live action.

PS: Spassosa la parte ambientata nella saletta della regia del Grande Fratello.

 

 

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