R Recensione

8/10

Il piccolo principe regia di Mark Osborne

Animazione
recensione di Giulia Betti

Valori universali e senza tempo quelli narrati nel capolavoro di Saint-Exupery: il rispetto della persona e della diversità, la salvaguardia dell'ambiente, la pace. Una favola che appassiona senza sosta generazioni di lettori di ogni età. Realizzato in animazione CGI e stop motion con un budget di 80 milioni di dollari, Il Piccolo principe è in assoluto uno dei progetti di animazione più attesi dell'anno.

 

Viviamo in un’ epoca in cui i bambini afferrano lo smartphone a due anni, e ne vantano il titolo d’esperti a nove. Viviamo in un’epoca in cui tutto è in funzione del mercato, ed anche il bambino è concepito come primo consumatore, primo spettatore, e primo potenziale operaio. Viviamo in un’epoca in cui i bambini ottengono contratti discografici e detengono lo scettro di star di youtube. Viviamo in un’epoca in cui si nasce perché si è parte di un progetto stabilito, si assume la valenza di un obbiettivo programmato e raggiunto. Si lancia il primo gemito e si è già vittime d’un insegnamento, nulla è più affidato al corso naturale delle cose. Non si fa in tempo ad imparare a battere le mani e dire “pappa” che ci si ritrova già ad impugnare una matita colorata, un flauto diritto, od un nastro convinti a ricercare il nostro talento. Si vive immersi sin dalle origini del nostro percorso, in un piano statuito, otto ore di scuola pronte ad essere trasformate in otto ore di produzione. Inserimento alla routine. Allenamento alla gestione dello stress. Prove generali d’una vita messa in scena secondo copione. Recitare a soggetto è un privilegio che pochi possono permettersi, ed è comunque vicino ad una contaminazione d’intenti.

 

Se abbiamo letto il manuale di educazione sentimentale redatto da Antoine de Saint-Exupéry intitolato Il Piccolo Principe, non ci sarà difficile ricordare come tutto il racconto verta sullo sconcerto e lo stupore del bambino vestito di verde e dai capelli color del grano nei confronti della stranezza delle persone adulte. Il film di Mark Osborne (co-regista di Kung-Fu Panda) non è che il suo specchio, non è che il riflesso della famosa opera letteraria. Ciò che è a destra si trova a sinistra, e viceversa. Nel film che uscirà nelle sale italiane il 1 Gennaio 2016, non è più infatti il giovane del racconto a stupirsi scoprendo l’età adulta, ma è il più vecchio, e quindi il più maturo ed adulto della storia, l’anziano Aviatore, a rimanere scioccato scoprendo un' infanzia non più inesistente, e mutata nella miniaturizzazione della maturità dei grandi.

L’immagine riflessa allo specchio, apparentemente uguale all’originale anche se ribaltata verticalmente, è comunque differente dalla sua matrice poiché dotata d’una cornice, della quale naturalmente è sprovvisto l’oggetto nel reale. Anche il film di Osborne non è solo riflessione ma anche cornice, ed è proprio quest’ultima a renderlo oggetto a se stante, unico e diverso dalla fonte. La cornice è assurdamente la porzione prevalente dell’opera stessa. È la storia di una bambina che la madre vorrebbe perfetta, ma che perfetta non può essere, lo vediamo subito dai suoi dentini storti. È la sua natura non essere perfetta. Solo artificialmente si potrebbe porre rimedio a questo difetto. Ed è proprio artificialmente che la madre di lei vorrebbe livellare dal corpo-statua della figlia, tutto ciò che è eccessivo alla sublime forma d’essere umano adulto, compreso ovviamente il suo infantilismo.

Prodigy è il suo nome, fin troppo esplicito il messaggio no? Evitabile per i miei gusti, ma simbolico.

Il suo obbiettivo? Essere ammessa in una prestigiosa accademia, la Werth (cognome dell’amico a cui lo scrittore francese dedicò il suo libro nel 1943). L’accademia e la sua spaventevole giuria-commissione, non è solo rappresentazione delle reali accademie in cui molte famiglie bramano di iscrivere i propri figli per battezzarli al successo e alla “felicità”, ma anche allegoria d’un mondo che si è (anche grazie ai social network) trasformato in una commissione gigantesca e temibile, capace di osannarti e farti entrare dalla porta di servizio nello star sistem, o di fare di te pappa per il branco (opinione pubblica).

Mark Osborne sceglie di ispirarsi ai film di Hayao Miyazaki, assorbendone la tipica rappresentazione lirica, ma anche, avendone la possibilità e l’occasione, uno dei simboli più utilizzati dal famoso artista giapponese, l’aeroplano. È infatti un aeroplano ad aprire la storia de Il Piccolo Principe (racconto), ma anche a dare il via all’avventura di Prodigy. È l’elica dell’aeroplano dell’Aviatore ad abbattere il muro della sua casa (corazza simbolica della personalità austera della bambina) ed è un aeroplanino di carta a raggiungerla nella sua cameretta, mettendola a conoscenza delle prime righe del racconto che le cambierà la vita, e le permetterà di ritrovare la dolcezza e la purezza di un’ infanzia soffocata.

 

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo film. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.