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R Recensione

8/10

Ribelle The Brave regia di Mark Andrews

Azione
recensione di Antonio Falcone

C’era una volta, nel lontano Medioevo, una giovane principessa di nome Merida: chioma rossa e riccia, spirito coraggioso, viveva in un villaggio delle brumose Highlands scozzesi ed era la primogenita di Re Fergus e della Regina Elinor, la quale faceva di tutto per impartire alla figlia le regole del “buon regnare”. Ma la fanciulla, insofferente, preferiva all’etichetta di corte le cavalcate in groppa al fido destriero Angus, arrampicarsi su ripide pareti di roccia e il tiro con l’arco, arma donatale dal padre. In seguito all’invito rivolto da Elinor ai signori dei regni vicini, perché i loro primogeniti venissero presentati alla principessa, in odor di matrimonio, ecco in arrivo lo strappo definitivo con la famiglia, alla quale si erano aggiunti nel tempo tre gemelli birbantelli, infatti Merida non solo osava sovvertire le regole del cerimoniale, ma ricorreva all’incantesimo di una strega per mutare il proprio destino …

Diretto da Mark Andrews, succeduto durante le riprese a Brenda Chapman, coadiuvato da Steve Purcell (i tre sono anche autori della sceneggiatura, insieme a Irene Mecchi), Ribelle- The Brave rappresenta un efficace sincretismo tra le  tradizionali tematiche “made in Disney” e la mirabilia tecnica, ulteriormente consolidata, non disgiunta da un felice taglio narrativo, della Pixar, la quale raggiunge al suo tredicesimo lungometraggio un livello d’estrema veridicità: la morbida, flessuosa, mobilità dei capelli della protagonista, gli splendidi scenari, spesso funzionali ad una correlazione ambiente-personaggi, la cura doviziosa di ogni particolare (i vestiti, il muschio sugli alberi, la luce filtrata nella foresta) ed un 3d sostanzialmente neutro, nel senso che né aggiunge né toglie nulla alla suddetta bellezza delle immagini, molto vicine a quelle di una pellicola non d’animazione.

Molte le sequenze particolarmente riuscite, le galoppate nella campagna scozzese, la scalata di una scogliera nei pressi di una cascata, la scoperta  di una casetta in cui vive una vecchina dal doppio lavoro, intagliatrice e strega, mentre altre possono apparire invece scontate (come l’apparizione dei fuochi fatui), con richiami evidenti oltre che alle realizzazioni Disney d’antan (vedi il sottofondo di amene canzoncine, affidate a Noemi nella versione italiana:mi aggiungo al coro di molti, perché non lasciare l’originale, Julie Fowlis, sottotitolato?),  alla visione poetica,  ed estetica, propria di Myazaki. Ciò di cui si avverte la mancanza rispetto alle precedenti pellicole Pixar, è un’interiorizzazione appena più adulta, un tocco elegiaco ( a chi scrive si gonfia il cuore solo a sentire nominare capolavori come Wall- E ed Up!) che permetta un agevole ingresso nel mondo delle fiabe anche agli adulti volontari alla visione.

La struttura è quella tipica di un racconto di formazione, il tema della crescita, con il passaggio dall’adolescenza verso l’età adulta, il conflitto nato dal desiderio di far sì che quanto gli altri vedono in noi, a partire dai familiari, coincida il più possibile con quanto si riesca  a vedere di sè stessi, ma la sceneggiatura spesso glissa, preferisce miscelare verismo e vivace ironia (le tre birbe matricolate, la caratterizzazione dei pretendenti, tanto nell’idioma che nell’aspetto fisico), riuscendo a dar vita ad un felice intreccio storia-fantasy, attingendo dal folklore delle leggende scozzesi. 

Non viene mai comunque perso di vista il tono protofemminista nel delineare le figure di madre e figlia, il tema del loro confronto, la necessaria metamorfosi (anche fisica nel primo caso) per potersi rendere conto di essere in fondo l’una parte dell’altra, con il coraggio a farsi comune denominatore: cambiare il proprio destino coincide spesso nel semplice lasciar fluire gli eventi e adattarli al proprio modus vivendi, alle inevitabili responsabilità insite nel far parte di una famiglia  e nel necessario ruolo all’interno della società. Una volta uscito dalla sala ciò che ti porti dentro è la primaria sensazione di  aver assistito all’ennesimo prodigio tecnico, ma qualcosa nel cuore rimane, quanto basta a fare proprie, seppure per un attimo, le parole di Merida: “Si dice che il nostro destino sia legato alla terra, di cui siamo parte, così come lei è parte di noi. Si dice anche che il destino sia cucito come un tessuto, e che la vita di ognuno di noi sia intrecciata a quella di molti altri. Tutti cercano il proprio destino, o tentano di cambiarlo. Alcuni non hanno fortuna, mentre altri vengono aiutati a trovarlo”. Che ci volete fare, credo ancora alle fiabe …

 

V Voti

Voto degli utenti: 6,6/10 in media su 5 voti.
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Gatsu 6/10

C Commenti

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tramblogy alle 16:56 del 4 novembre 2012 ha scritto:

Bello!!!mancava forse il principe...azz.....

Alberto Longo (ha votato 6 questo film) alle 12:35 del 25 febbraio 2013 ha scritto:

Complimenti per la bella recensione che per poco mi fa cambiare idea, Antonio. Ma non posso essere d'accordo con te, soprattutto dopo non solo i capolavori da te citati, ma anche Il Golden Globe e l'Oscar assolutamente, IMHO, IMMERITATO. Il fulcro della storia è sulla famiglia; per carità, ben elaborato...ma perchè questo alone di fiaba celtica? Non potevano tranquillamente ambientarla ai giorni nostri allora? Certo, è una fiaba, ma non c'è quella magia che si sarebbe potuto trovare in altri candidati all'Oscar (Ralph e ParaNorman, sebbene anche quest'ultimo pecchi nella storia e il primo possa risultare troppo di nicchia o movimentato). Ho preferito allora il sentimento di famiglia e rapporto figlia/madre con Tangled-L'intreccio della torre. Per non parlare dei cortometraggi...guardatevi Paperman. Poi cercate "Adam and Dog" di Minkyu Lee. capirete presto la differenza tra un'opera bella e un' opera d'arte.

Ribelle rimane un'opera accettabile per la grazia visiva...ma per il resto, è un'opera non memorabile, se non la più bassa della Pixar.

Antonio e soprattutto Tramblogy, ora potete lapidarmi!

Antonio Falcone, autore, (ha votato 8 questo film) alle 14:08 del 25 febbraio 2013 ha scritto:

Innanzitutto, Alberto, grazie per i complimenti. Riguardo il film, avrai notato che sul finire della recensione ho scritto "una volta uscito dalla sala ciò che ti porti dentro è la primaria sensazione di aver assistito all’ennesimo prodigio tecnico, ma qualcosa nel cuore rimane..." e quel qualcosa mi ha portato ad apprezzare "The Brave", certo inferiore ad altre pellicole della Pixar, come del resto specifico nell'articolo. Riguardo l'Oscar, che dire? Io avevo in mente "Pirati! Briganti da strapazzo" e "Ralph Spaccatutto" come favoriti ed ho certo apprezzato il premio a "Paperman". Nessuna lapidazione, anzi, mi piace confrontarmi su pareri diversi, se ciò avviene con garbo e coerenza d'idee, come in tal caso. Non mancherò di visionare le altre opere da te menzionate nel commento. Un caro saluto..

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 15:24 del 25 febbraio 2013 ha scritto:

Sono in disaccordo con questa recensione, il film mi è sembrato piuttosto debole, specie se rapportato a precedenti successi Pixar:

Non si può dre che la sceneggiatura sia il punto di forza del film, che sembra un omaggio di Pixar alla cugina/sorella/madre Disney, da cui riprende molte situazioni tipo, a cominciare dalla protagonista: un po' Jasmine, un po' Ariel, un po' Biancaneve, Merida è la solita principessa che si sente in trappola e che sogna una vita libera di imposizioni. E' in fondo la tipica situazione adolescenziale, qui esplicitata nel conflitto con la figura materna, che tenta di educarla all'assunzione di responsabilità. Bisogna dire che Merida non è esattamente un personaggio positivo, o almeno lo è molto meno del solito: i suo ilegittimi sentimenti e le sue ragioni vengono supportate dal gesto sconsiderato di fare un incantesimo contro la propria madre, con conseguenze nefaste. L'attenzione viene focalizzata sulla mancanza di ascolto reciproco, che porta le persone a ferirsi a vicenda anzichè tentare di raggiungere un compromesso; perciò la madre fa un torto alla figlia (butta l'arco nel fuoco) e la figlia di contro la trasforma in orso: che bel quadretto! Ma alla fine tutto torna a posto, o quasi.

E' interessante notare infatt che il finale non coincide con il raggiungimento di un compromesso, bensì con l'arrendersi della madre alle richieste della figlia; c'è quindi un non-dialogo iniziale che porta ad un aggravarsi relazionale profondo, seguito da un tentativo di riparazione riuscito per il rotto della cuffia che approda però nuovamente ad un non-dialogo, ovvero alla vittoria totale di una delle due parti. Qual è allora il messaggio: avere il coraggio di ribellarsi ai propri genitori? Sostenere nonostante tutto le proprie ragioni? Autoimporsi a scapito degli altri? Nelle apparenze di un lieto fine, insomma, si nasconde una morale ambigua, o addirittura una triste presa di coscienza, relativa alla difficoltà delle relazioni intergenerazionali: insomma se la realtà è di per sè molto complicata, persino nella fiaba non tutto va esattamente per il meglio. Quindi è proprio qui, in questo finale solo apparentemente lieto, che si nasconde la differenza rispetto alle fiabe canoniche e quindi la consueta distanza tra la più rassicurante Disney e la più innovativa Pixar.

Tuttavia il film è abbastanza noioso, e non bastano numerose gags (che siano state queste il principale contributo fornito da Steve Purcell, che dalle esilaranti avventure grafiche della LucasArts si è ritrovato a co-dirigere un film di animazione?) a ridestare l'attenzione nei confronti di una vicenda che più prevedibile e piatta non si può (peraltro ricorrendo ad un espediente già visto in Koda fratello orso). Le idee a livello di scrittura latitano (anche i contributi musicali non offrono nulla di particolarmente interessante), e da ammirare veramente rimane soltanto la grafica: ci si può perdere nella contemplazione della chioma rossa di Merida.

Antonio Falcone, autore, (ha votato 8 questo film) alle 16:28 del 25 febbraio 2013 ha scritto:

Praticamente, in modalità espositiva diversa, notiamo entrambi gli stessi difetti, con la differenza che a me il film nel complesso è piaciuto e ho cercato di mediare tra quel che ho ho ritenuto riuscito e quanto no. Riguardo il messaggio finale, ognuno vi può vedere quel che vuole,come è giusto che sia, in base alla propria sensibilità e al vissuto personale.