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R Recensione

8/10

I Lunedi Al Sole regia di Fernando León de Aranoa

Drammatico
recensione di Enzo Barbato

Cosa si può fare per resistere ad una situazione di precarietà o disoccupazione? Cosa bisogna fare per annullare i rovelli che possono tormentarti per tempi lunghissimi? Dimenticare con l'alcol? Tentare di trovare un qualcosa che sia uno straccio di lavoro? Rincorrere i padroni per ottenere diritti con la forza?

A volte mi chiedo cosa si possa mai immaginare se un giorno qualunque, magari un lunedi, invece di inoltrarsi nella routine lavorativa a combattere con i colleghi e i dirigenti, ci si ritrova seduti su scomode poltrone di legno, schiaffeggiati dal vento frizzante del mare. Ma non per uno svago, per un pò di rilassamento. Ma perchè sei stato licenziato. Sei senza lavoro. Perchè su quel battello che prima ti spediva quotidianamente a sudare tra i lapilli generati dalle saldatrici e a riempirti i polmoni di polveri ferrose in un cantiere navale, oggi ti stai arrovellando su una possibile soluzione per portare un pò di pane a casa. Perchè ti hanno usato fino a quando eri utile per poi relegarti nel disonore della disoccupazione, magari con qualche manganellata sul groppone perchè ti sei permesso di protestare.

In questa drammatica situazione si ritrovano quattro amici, Santa, Josè, Paulino e Amador. Hanno tutti percorso almeno mezza vita, vecchi per nuove esperienze e giovani per ritirarsi in pensione. Santa, sbruffone, provocatore, pungente e filoaustraliano. Se si presenta l'occasione non disdegna l'espediente illecito e lo scrocco. Si fa quel che si può. Josè, sposato, senza figli, casa in affitto e senza macchina. Mantenuto dalla moglie Anna che sgobba confezionando filetti di tonno. In piedi e di notte. Costretta a consumare litri di deodorante per mandare via quel maleodore che è costretta ad assorbire. Paulino, sposato con figli, sguardo spento e pochissimi sorrisi. E' quello che le prova tutte. Non riesce a stare senza, anche a costo di ringiovanire, per quanto possibile. Amador, abbandonato da una moglie che spera di rivedere, vive tra buste di immondizia stipate in casa, la scontata sporcizia dell'uomo solo, l'acqua staccata e la fissazione di non sprecare la luce.

Come trascorrere le giornate? A Santa scivola tutto addosso e si trova anche in causa per aver danneggiato un lampione durante la sommossa. L'unico che ha il coraggio di sdrammatizzare. Josè tenta la fortuna coprendo le caselle dei numeri del lotto basandosi sul numero usurato di ogni poltrona che viene progressivamente occupata. Non sopporta di essere mantenuto e perciò viene aggredito dalla frustrazione. Gli altri chissà. Tra mezza partita vista a tre quarti da una tribuna di fortuna e un bivacco gratuito nella casa di un riccone si sentono tutti legati da un filo, anzi da una catena: l'amicizia. A cui si unisce Sergej, ex astronauta sovietico e attuale disoccupato russo e Reina, addetto alla sicurezza di uno stadio e quindi l'unico a lavorare. L'amicizia è l'unica poesia che riesce a tenerli uniti, a conivolgerli, a irrorarli di speranza, a spingerli di sera, dopo giornate prive di conclusione, a bere nello sqallido e freddo bar dell'unico amico che ha fatto fruttare la liquidazione, Rico, che ha una figlia molto sveglia e indossa sempre lo stesso maglione. Si beve, ci si ubriaca ma non per dimenticare. Almeno Amador lo fa per avvicinarsi all'unica soluzione rimastagli, quando quella luce che lo ossessiona finirà per spegnersi per sempre.

Bellissima opera del giovane regista spagnolo, che riesce a cogliere nella maniera più profonda lo stato d'animo di colui che si ritrova con il pugno di mosche che gli svolazza nel palmo della mano. Un film pervaso da una tristezza che fa riflettere, che riesce a spiazzare anche lo spettatore più austero. Colpisce al cuore con un'ironia difficile da gestire in situazioni del genere e ogni tanto strappa anche qualche sorriso. Accompagnato da una essenziale ma bellissima colonna sonora firmata da Lucio Godoy, la narrazione scorre placidamente, anche se, forse, appesantita da una fotografia davvero glaciale, cupa, dove anche il sole è spento come la condizione psicologica, comprensibilissima, dei protagonisti. Bravissimo Javier Bardem nel ruolo di Santa ma non si può fare a meno di citare altri bravissimi attori degni di questo nome, anche se per noi sconosciuti. Josè Angel Egido, nel ruolo di Paulino, Celso Bugallo, nel malinconico Amador, Joacquin Climent, il barista Rico e Luis Tosar che interpreta Josè. C'è da sottolineare anche la bellezza semplice, ferita per l'occasione dalla tristezza ma assolutamente disarmante di Nieve De Medina, nel ruolo di Ana, moglie di quest'ultimo.

Mai fermarsi di fronte agli ostacoli, anche se l'unica arma a disposizione che hai, oltre all'ironia è la birra. O al massimo l'inno internazionale di Domenico Modugno azzardato al karaoke.  

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