A A proposito di Le Streghe Son Tornate

A proposito di Le Streghe Son Tornate

Disoccupato e prosciugato finanziariamente dalla ex moglie, José (Hugo Silva) rapina un Compro Oro, coinvolgendo suo figlio Sergio (Gabriel Delgado) e l’amico Tony (Mario Casas). Riusciti nell’intento, scappano prendendo in ostaggio un tassista e si dirigono verso la Francia, inseguiti dalla polizia. Ma proprio in prossimità della Navarra, nel piccolo paese di Zugarramurdi, incappano in chi li stava aspettando già da tempo: una gruppo di antichissime streghe che hanno bisogno del bambino per compiere il loro più importante rito.

  Ispirato dal caso storico seicentesco delle streghe di Zugarramurdi (una serie di processi dell’Inquisizione Spagnola a delle donne basche accusate di stregoneria e che vennero bruciate sul rogo per non aver voluto fare l’autodafé… gli spunti, insomma, ci sono), diretto da Álex de la Iglesia, Le streghe son tornate parte da questa premessa piacevolmente cinica e si evolve in una serie di inseguimenti/disavventure fra uomini e donne (al cui genere appartiene anche l’inviperita ex moglie Silvia-Macarena Gómez, da Dagon - La mutazione del male) e le sopravvissute fattucchiere, congrega di femministe religiose decise a sterminare il potere maschile. Perché, come spiega la loro sacerdotessa Carmen Maura, «Hanno sradicato i nostri istinti, hanno confuso con il senso di colpa le nostre anime e disprezzano il nostro sesso».

  De la Iglesia (un virtuoso delle inquadrature e del montaggio action) ha tanto smalto, humour nero e senso del ritmo richiesti per un’opera di questo genere. E il film potrebbe anche essere perfetto se non diventasse troppo confuso e imbarazzante nella parte finale. La sequenza della rapina e la fuga dalla città sono spettacolari infatti, ma ciò che non convince è la frettolosa storia d’amore fra il protagonista e la strega interpretata da Carolina Bang, del tutto fuori luogo e forzata in una narrazione che poteva filare liscia anche senza goffi tentativi di creare una sottotrama romantica alla vicenda. Abbiamo capito che de la Iglesia stava facendo di tutto per promuovere quella che sarebbe poi diventata la sua attuale moglie, ma affibbiarle un personaggio orribile con delle battute che sono le peggiori dell’intero script, ha ritardato e omesso altri momenti comici che potevano essere sfruttati per ravvivare maggiormente la trama, oltretutto mettendo in ombra e non utilizzando al massimo il personaggio interpretato dalla grande Maura. Fa comunque piacere, che dopo una virata stilistica con il barocco Ballata dell’odio e dell’amore, sia tornato a temi terrorumoristici.

  Fra tutte le streghe, l’interpretazione più graffiante è sicuramente Terele Pavez, nonna strega strepitosamente ironica per tutto il film, mentre fra gli uomini emerge Mario Casas. Come al solito, gli elementi tecnici sono perfetti e, in particolare, la fotografia di Kiko de la Rica che sembra ricordare quella di La casa del diavolo di Rob Zombie. Interessante la musica di Joan Valent, che sfrutta antichi e stordenti canti baschi.

  Una fetta del pubblico spagnolo, però, non si è detto fan di questa horror-comedy, perché non ha ben visto la notizia che il regista si sia servito, in parte, di finanziamenti pubblici per realizzare un prodotto del genere.

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