A A proposito di Maps To The Stars

A proposito di Maps To The Stars

David Cronenberg continua nel suo periodo di vena produttiva, arrivato dopo qualche anno di silenzio, e dopo, Cosmopolis approda al cinema con Maps to the stars, in concorso a Cannes. Non siamo di fronte ad uno dei Cronenberg migliori. Perduta la sua ossessione per la carne che aveva generato capolavori come Scanners, Videodrome e soprattutto La Mosca, il maestro canadese non abbandona però l’alveo del filone tragico-drammatico. In Maps to the stars sembra infatti di essere di fronte ad una tragedia greca, alla stregua di un Edipo Re (naturalmente rivisitato) in cui le colpe dei padri ricadono sui figli, destinati a rimanere per sempre maledetti. Non c’è una morale in tutto ciò, e forse neppure un senso: le cose, nel film di Cronenberg, sembrano accadere in obbedienza ad oscuro destino che incatena l’uomo. Chi nasce maledetto rimarrà tale fino alla morte. La parte migliore della pellicola è rappresentata dal modo in cui il regista canadese rappresenta il mondo delle star hollywoodiane, ovvero uno squallido ambiente popolato da personaggi profondamente squilibrati in preda a continui deliri. Nessun sfugge, chi più chi meno, a turbe psichiche che degenerano in allucinazioni e in un costante stato di distacco dalla realtà. Cronenberg non si perde a spiegare i motivi di tale disturbi e non stabilisce neppure un chiaro nesso tra il successo dei personaggi e la malattia, che pure sembra esserci. Al contrario, con duro cinismo e un certo compiacimento, sbatte in faccia i drammatici disturbi dei suoi soggetti, senza poi approdare ad una destinazione soddisfacente. È insomma un film che sembra quasi incapace di comunicare. Una ricerca attenta e precisa senza una vera conclusione finale. La fortuna di Cronenberg, in Maps to the stars, sta soprattutto nella prova recitativa di un cast in stato di grazia (Julianne Moore e Mia Wasikowska su tutti). Se questo film avesse dei “padri artistici” questi potrebbero essere, con le dovute differenze, Eva contro Eva e Viale del Tramonto. Anche se quelli sono film di tutt’altra pasta, vero David?

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