R Recensione

7/10

L'A.S.S.O. nella Manica regia di Ari Sandel

Teen comedy
recensione di Fabio Secchi Frau

Bianca, una liceale prossima al diploma, scopre per caso di essere conosciuta dal corpo studentesco come "L’A.S.S.O. nella manica" (Amica Sfigata Strategicamente Oscena) ovvero la tipica bruttina che le altre utilizzano per sembrare attraenti. Questa rivelazione cambierà la vita della mite Bianca che, con l’aiuto del più bello del liceo, riuscirà a strapparsi di dosso questa etichetta "infame" e diventare a sorpresa la più popolare di tutte.

Bianca Piper è la bruttina, ancora non tanto stagionata della sua mini-cricca di amiche strafighe. Aveva tutto per essere felice, ma non lo è più grazie alle parole del suo vicino di casa, Wesley Rush, studente dal fisico scolpito dal rugby, che le rivela la sua etichetta di DUFF (in italiano, verrà tradotto come ASSO ovvero Amica Sfigata Strategicamente Oscena, mentre in America è l’acronimo di Designated Ugly Fat Friend, ovvero “brutta grassa amica designata”), cioè l’amica meno carina e meno vanitosamente pericolosa di un gruppo di gnocche, alla quale altri possono chiedere informazioni per rimorchiarle. Da quel giorno, come nelle fiabe, Bianca decide di passare da brutto anatroccolo a cigno e le vite di tutti coloro che le girano intorno, compresa quella della “femmina alfa” del suo liceo (termine che credo sia erroneamente scientifico e che ho rubato ai troppi “telefilm licantropici”… chi di dovere mi correggerà), che la prende di mira solo perché amica di Wesley, cambieranno.

  Ari Sandel, vincitore dell’Oscar al miglior corto (West Bank Story, 2007), debutta alla regia di un lungometraggio a soggetto con una commedia per teenagers, prostrandosi praticamente ai piedi dell’industria Hollywoodiana e perdendo tutto il suo stile (ahimé), che verrà sostituito da uno più aderente a videoclip, social media e video-diary su Youtube, che (per chi non lo sapesse) trova le sue radici nel serial cult Clarissa (voce over, didascalie, disegni etc. etc.), senza però abusarne troppo e, quindi, stancare lo spettatore. Infatti, riesce perfettamente a mantenere un ritmo vivace e di supporto alla leggerezza della vicenda.

  Il film è la riuscita trasposizione cinematografica del romanzo per giovani adulti “The DUFF” dell’allora diciasettenne Kody Keplinger, che solo recentemente ne ha pubblicato il seguito “Lying Out Loud”. Pare che il libro sia in parte autobiografico (e, in effetti, la somiglianza fra la scrittrice e Mae Whitman è paurosamente notevole) e, pertanto, nato dalla scoperta della Keplinger di essere una delle DUFF del suo liceo.

  L’A.S.S.O. nella manica non ha le carte per essere un cult movie. Non ha la grandezza, né l’efficacia di una sceneggiatura brillante ed esplosiva, che invece è contenuta all’interno di altri grandi teenager-movies (dai film di John Hughes, passando per Mean Girls e, forse, per Easy Girl), ma sebbene stagni nelle solite atmosfere liceali, fra cyberbullismo, etichette, winners e losers, ha una certa imprevedibile freschezza, forse dovuta a cast molto buono e alle gag. Meno fondamentale è il messaggio: l’autostima non si acquista diventando le più hot, ma credendo in se stessi e rispettandosi… seppur evitando comunque di essere mediocri con il proprio look. Sociologia spiccia fra seta, glitter e flanella, insomma. Del resto, non ci si può aspettare chissà quale profondità all’interno di un’opera nella quale, sì parla dell’accettazione sociale e della paura di essere ostracizzati perché diversi (con conseguenti effetti devastanti che vanno dalla solitudine, la depressione, le umiliazioni e, non ultime, il bullismo), ma senza alcun vero grave dramma al suo interno.

  È bene sottolineare che tutto il film si basa sul carisma di Mae Whitman, il cui giovane talento prometteva bene già dai tempi di Scott Pilgrim vs. the World e Noi siamo infinito, dove aveva solo piccoli ruoli di supporto (la lesbica quarta malvagia ex Roxy Richter e l’intellettuale Mary Elizabeth). Finalmente, la sua grande occasione con un ruolo da protagonista, dove ha saputo sfruttare al meglio tutto ciò che i critici avevano già notato in lei: tempi comici impeccabili e una mimica facciale e gestualità perfette. Il tutto a servizio dell’autoironia irresistibile e del sincero sarcasmo della sua Bianca. Una performance notevole che tocca il suo apice nei siparietti comici e nelle fantasie erotiche del suo personaggio. Una qualità che sembra aver “ereditato” da Allison Janney, qui sua madre cinematografica, che fresca di ovazioni da parte della critica televisiva per il ruolo di Bonnie nella sitcom Mom, offre il curioso ritratto di una neodivorziata che ha fatto delle sue sfighe esistenziali materiale per diventare un guru di auto-aiuto. A farle da contraltare maschile, Ken Jeong, nel ruolo del docente preferito di Bianca, che non lascia a casa la sua solita irriverenza.

  Carino, sincero, divertente, veloce. Non aspettatevi di più da questo titolo che, infatti, abbraccia il tipico finale di questo sottogenere di commedie.

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