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7/10

Deadpool regia di Tim Miller

Azione
recensione di Alessandro Giovannini

Wade Wilson è un mercenario che sta per passare a miglior vita causa cancri multipli. Perciò accetta di fare da cavia per tizi che vogliono trasformarlo in supereroe. Ci riescono, ma con danni collaterali non indifferenti. Trasformatosi in Deadpool, il nostro anti-eroe va alla ricerca di chi lo ha ridotto nel suo pietoso stato attuale, per ridurlo molto peggio.

Questo film di supereroi non si prende sul serio, e già per questo vale la visione. Ammetto la mia ignoranza circa il Deadpool personaggio dei fumetti, partorito dalle menti di Fabian Nicieza e Rob Liefeld nel 1991, ma ciò non rende meno godibile la pellicola, firmata da Tim Miller, animatore ed esperto di effetti visivi al suo esordio registico. E che esordio: basta la sequenza dei titoli di testa (un movimento di videocamera virtuale all'interno di un freeze frame) per far sfoggio di un virtuosismo tecnico di tutto rispetto, coadiuvato da una sceneggiatura che infarcisce i dialoghi di battute continue, alcune davvero esilaranti, altre più gratuite e glissabili, che rendono il logorroico protagonista un killer dalla battuta facile (e solitamente sporca). Genitori avvisati: il film abbonda di allusioni sessuali, violenza grafica alla Kill Bill, ed ha come protagonista un personaggio che è tutto tranne che un modello da imitare. Il sornione Ryan Reynolds sta al gioco, buttandosi in un ruolo che fa dell'ambiguità la sua peculiarità: l'etica, la morale, il patriottismo li lasciamo a Capitan America e Superman. Deadpool è in effetti tutto fuorché un eroe: combatte per sé stesso e non ne vuole proprio sapere di unirsi a gruppi di altri eroi (in questo caso gli X-Men, che gli fanno ripetute avances nel corso del film) nell'eterna lotta tra Bene e Male. Farsi giustizia da soli è l'insegnamento di vita trasmesso dal nostro simpatico protagonista ad un tassista indiano che sembra fare le veci spettatoriali, e a voler fare i polemici si potrebbe sostenere che ciò fa di Deadpool una perfetta mascotte della National Rifle Association e dunque del più bieco conservatorismo americano: dopotutto il nostro ama le armi da fuoco e sono spesso queste ultime a spianargli la strada verso l'immancabile scontro finale con il cattivone di turno, rivisitazione in chiave macho dello scienziato pazzo, con accento slavo o russo. In questo senso risultano ridicole alcune considerazioni di giornalisti italiani che hanno cercato di etichettarlo come portabandiera dell'ideologia gender, per colpa di qualche spunto omoerotico nel medium cartaceo (suggestioni peraltro assenti nel film, dove al massimo Wade sperimenta giochi sessuali non ortodossi con la sua avvenente fidanzata). La donna, le pistole, il nemico straniero: manca solo la fede in Dio a fare di Deadpool un perfetto eroe "di destra". Ma in fondo queste disquisizioni lasciano il tempo che trovano, dubito infatti che agli autori della sceneggiatura in primis interessasse occuparsi di politica. E allora tanto vale abbandonarsi all'azione spettacolare e alla simpatia dei personaggi, alle tante piccole invenzioni di regia ed alla sistematica rottura della quarta parete, alle tante battute a doppio senso e alla pop music anni '80, deliziosamente kitsch come lo è il film nel suo complesso.

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