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6/10

Le Cronache Di Narnia: Il Viaggio Del Veliero regia di Michael Apted

Fantasy
recensione di Alessandro M. Naboni

Ritornano i fratelli Pevensie. Ma solo Edmund e Lucy, perchè Peter e Susan sono troppo grandi per rivedere a Narnia. In questo terzo episodio della saga i Pevensie, con l'aiuto del principe Caspian e di nuovi inaspettati amici, dovranno salvare Narnia da una nuova minaccia. Tra (dis)avventure, spade da trovare e isole da esplorare, i protagonisti combatteranno ancora contro le forze del male, questa volta più oscure e spirituali che mai. Ce la faranno i nostri eroi a trionfare, guidati dalla luce del grande Aslan per superare le tenebre che hanno dentro di loro?

C’era una volta nel regno di molto molto lontano, un giovane di talento. È il neozelandese Andrew Adamson che nel 2001 produce e co-dirige Shrek, un tarantinato e dissacrante mix di fiabe/favole, personaggi e clichè disneyani e non. Dopo aver letteralmente re-inventato un genere e aver influenzato tutti i successivi film d’animazione, passa alla regia di un film in live action: la Walden Media gli fa dirigere il primo libro della saga di C. S. Lewis, Le Cronache di Narnia. Il potenziale è alto: un regista sovvertitore-di-classici e un materiale fantasy di buon livello. Però le cose non vanno come dovrebbero: le avventure dei fratelli Pevensie non funzionano, mancano magia e quel tono epico-ma-non-troppo necessario per una vicenda di questo tipo. Adamson non riesce a catturare l’attenzione e affascinarci con il suo ‘prestigio’, come direbbe il Michael Caine di The Prestige. La vicenda non coinvolge, non appassiona e spesso si cade nel ridicolo involontario, la morte del fantasy. Gli incassi però lo premiano (quasi 750 milioni di dollari nel mondo) così nasce l’inevitabile sequel. Il principe Caspian soffre degli stessi problemi, amplificati da vicende che vorrebbero essere più grandiose senza riuscirci. Gli incassi worldwide quasi si dimezzano. La Disney mette in produzione il terzo, con poca convinzione perché i costi sono alti e le prospettive economiche non proprio rosee. Quando decide di mollare il progetto, la Fox interviene in extremis per salvarlo: Adamson rimane come produttore, il veterano Michael Apted viene scelto per dirigere il film.

Premessa necessaria per riassumere la vicenda di Narnia fino a qui.

Il viaggio del veliero funziona, abbastanza. Il cambio alla regia ha giovato alla saga, colmando alcune delle lacune dei primi film: Apted, da buon ‘artigiano’ del mestiere, ha saputo trattare la materia senza grandi slanci creativi, ma con i toni giusti al momento giusto, con poche (perdonabili) sbavature. Ma fantasy e affini non sono generi facili proprio per la loro intrinseca essenza di rappresentare mondi che non esistono; non basta realizzare un film ben costruito, sono necessarie una o più caratteristiche che permettano di superare la distanza psicologica tra chi guarda e le storie raccontate, rendendo credibile ciò che per sua natura non lo sarebbe. Per farlo servono personaggi forti/popolari cui la gente possa appassionarsi (come il Jack Sparrow/Johnny Depp di Pirati dei Caraibi o quelli de Il signore degli anelli) o protagonisti in cui sia possibile identificarsi (i tre ragazzetti della saga di Harry Potter).

Il limite di Narnia è questo, persino nel film che è il migliore di tutta la saga. Anche per i personaggi che ritornano, non c’è quel piacere che si ha nel rivedere qualcuno con cui si sono condivise tante (dis)avventure: è forse colpa della mancanza di empatia e di partecipazione nelle vicende raccontate finora. Il mondo rappresentato non ha nulla di nuovo in sè, sia a livello visivo sia narrativo. Tutto già visto, già vissuto. Se manca anche la possibilità di appassionarsi ai suoi personaggi, complice il vincolo per cui non si può tornare a Narnia quando si diventa grandi, il gioco è fatto. Purtroppo quanto di positivo fatto in questo episodio, si perderà in un eventuale sequel perché i due fratelli Pevensie rimasti non potranno più ritornare. A questo si aggiunge la mancanza di una certa continuità tra gli episodi, perché tra ognuno passano anni e non è presente un collegamento diretto/necessario, tanto che è possibile apprezzare il film senza aver visto i precedenti.

Seconda guerra mondiale. Lucy ed Edmund sono rimasti in Inghilterra, mentre gli altri due fratelli Pevensie sono andati in America con i genitori. Vivono a casa dello zio con annesso cugino antipatico, ma in aria di possibile redenzione. Chiusi nella loro camera osservano il quadro di una nave in mezzo al mare, sembra quasi l’adorata Narnia. Le onde dipinte sembrano muoversi, poi dalla cornice inizia a colare dell’acqua che aumenta sempre più fino ad allagare completamente la stanza. Edmund, Lucy e l’odioso cugino Eustacchio nuotano verso la luce che intravedono sopra di loro. Riemergono nel mare di Narnia, per poi essere tratti in salvo dalla nave del principe Caspian. Una scena davvero notevole che ci riporta nel mondo incantato dove ci aspettano tante avventure, isole da liberare, spade e persone da trovare e l’immancabile battaglia contro il male. Trame e sottotrame che si accumulano senza quella coerenza complessiva che le renderebbe necessari passi verso un obiettivo finale.

Nell’eterna lotta tra bene e male, vero tema di fondo di tutta la saga, il ‘nemico’ si fa più spirituale/interiore che fisico: non ci sono regine o mostri in carne e ossa da combattere, ma le pulsioni negative che risiedono in ognuno di noi. Perché solo conoscendosi e migliorando sé stessi è possibile affrontare il mare che ci sta attorno: morale semplice che si adatta all’età del pubblico cui il film si rivolge principalmente, niente di più. Ritorna Aslan con tutti i riferimenti spiritual-religiosi che porta con sé. Le interpretazione son tante e complesse, molto più di quando traspaia dal film. Un altro mondo. Il leone, nella sua solita breve comparsata, dispensa saggi consigli preconfezionati e riferimenti più-o-meno cristologici: non avrà più la voce ridicola (per il personaggio) di Omar Sharif, però è sempre troppo abbozzato e l’alibi della sua natura eterea e misteriosa non regge

In conclusione:

Da vedere? Si, un buon divertissement per ragazzi. Le avventure si alternano senza troppi momenti morti e con un buon grado di tensione narrativa. Però non c’è da aspettarsi molto di più. In ogni caso è nettamente superiore ai due precedenti capitoli.

Il 3D (riconversione da 2D)? È sfruttato discretamente, senza colpi sensazionali (aka oggetti che ti volano in faccia), ma avvicinandosi a quel senso di profondità spaziale che rendeva grandiosa la visione di Avatar. Il difetto di sempre, riscontrato in tutti i film 3D nativi e riconvertiti (tranne sempre quello di Cameron), è la solita bassa luminosità delle immagini: siamo lontani dai livelli pessimi di Alice o Scontro tra Titani, ma la visione non è ancora completamente soddisfacente.

Vedremo un quarto capitolo? Poco probabile. Gli incassi son crollati di nuovo, ma soprattutto non si vedono personaggi/storie forti da portare avanti.

Il vero fantasy doc abita altri luoghi, più magici di Narnia. Come le verdi vallate della Nuova Zelanda . Il geniaccio Peter Jackson e Lo Hobbit – parte prima. 2012.

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alexmn 6/10

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