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8/10

X-Men - L Inizio regia di Matthew Vaughn

Fantastico
recensione di Alessandro M. Naboni

Tutto iniziò così. Charles era un ragazzino-telepata nato in una ricca famiglia inglese, Erik un bambino deportato con la famiglia ad Auschwitz dove scopre il suo potere di controllare i metalli. Due vite lontanissime che si trovano in armonia per un attimo. L’epico scontro tra il professor X e Magneto nasce come un’amicizia, una comunione d’intenti che poi si rompe quando le strade non possono che dividersi. Dopo il capolavoro-nerd Kick-Ass, Matthew Vaughn ritorna al cinema con le origini di supereroi veri.

Nel 1944 il piccolo Erik viene deportato con i genitori nel campo di concentramento di Auschwitz. Lì conoscerà rabbia, dolore e quell’immensa forza che gli permette di controllare il metallo. Sarà il malefico dott. Schmidt, aka il sempre giovane Sebastian Shaw, a giocare pesante con lui per mettere alla prova i suoi poteri: una moneta per la vita che ricorda tanto quella di Anton Chigurh. Non-infanzia che fa crescere in fretta, quel rancore misto a odio che genera inevitabile vendetta. Da grande la sua faccia sarà quella stupendamente anni ’50 di Michael Fassbender. In Inghilterra, il giovanissimo Charles Xavier vive in una lussuosa dimora-castello nel mezzo delle campagne di Oxford. Una sera trova nella sua cucina una ragazzina dai capelli rossi e la pelle blu. Lui è un telepata, lei può prendere le sembianze altrui. Charles aveva sempre saputo di non essere l’unico (mutante). Con gli anni prenderà le sembianze in cerca di espiazione di James McAvoy.

Avanti veloce fino agli anni ’60 in piena guerra fredda. In America è l’epoca di JFK, in Russia quella di Nikita KhrušÄёv. Cuba sta per diventare la chiave di una possibile guerra nucleare.

Erik è un solitario giustiziere alla ricerca di chi gli ha rovinato la vita. Sa benissimo che il mondo umano non potrà mai accettarlo per quello che è. Xavier un professore-laureato in genetica e specializzato in mutazioni. Crede fermamente nella possibilità d’integrazione tra uomini e mutanti, nella collaborazione della razza superiore per la salvaguardia di chi sta più in basso nella scala evolutiva. (Saccente) utopia egocentrica.S’incontrano un giorno-non-troppo-per-caso. Charles salva Erik da quella testarda determinazione che l’avrebbe ammazzato. Esseri affini uniti per un breve momento da un’armonia tanto-forte-quanto-instabile. La loro amicizia è segnata, destinata a finire senza possibilità di ritorno: la battaglia contro Shaw è un inevitabile canto del cigno. Nemici perché hanno modi diversi di affermare lo stesso concetto ‘mutante e fiero’.

La saga degli X-Men inizia così.

La forza contro la mente. La convinzione che la specie mutata porterà all’estinzione di quella meno evoluta da una parte, la chimera della possibile convivenza con l’essere umano per il bene comune dell’altra. La giusta rabbia di Erik si scaglia contro l’insensata cattiveria e all’ipocrisia di chi ti sfrutta fino a che ne ha bisogno, salvo poi considerarti una minaccia. L’odio/paura dell’essere umano verso l’ignoto che porta Usa e Russia, nazioni/concezioni di vita agli antipodi, ad allearsi verso il (non) nemico divenuto tale suo malgrado, contro la sua volontà. L’idealismo da ‘mecenate’ (per mutanti) di Charles gli impedisce di vedere la realtà, inibisce le capacità di una mente potentissima ma obnubilata da quell’insopportabile serenità di chi non ha mai dovuto lottare per sopravvivere. Magneto vs Professor X.

Ma loro lo farebbero per noi? Forse la chiave di lettura non è questa, forse Charles ha ragione nella sua personale lotta per essere accettato, forse è vero che per quanto il mondo diventi cattivo l’importante è non abbassarsi/adeguarsi al suo livello. Filosofia spicciola, accenni vaghi all’interno di un film di puro intrattenimento.

Matthew Vaughn è regista di talento. I non-eroi di Kick-Ass sono la perfetta tarantinizzazione di un genere, quel mix post-postmoderno di citazionismo nerd, gran tecnica registica, personaggi-cult, violenza pulp e una sceneggiatura che fa fede al suo titolo. Un piccolo capolavoro. X-Men: L’inizio non è Kick-Ass. Lontano dalla libertà del cinema indie, dall’irriverenza (di Mark Millar) e ingabbiato in schemi da major, Vaughn riesce a non scordarsi chi è e cosa sa fare, destreggiandosi bene tra le insidie del ‘filmone’ da studios. Senza esagerare e con rispetto per Bryan Singer, il migliore film della serie X-Men. Una versione kick-assizzata sarebbe stata forse troppo estrema per un franchise già avviato e senza alcuna necessità di reboot.

In un cast di tanti attori giovani e bravi, il terzo vero protagonista è il monumentale Kevin Bacon/Shaw/Schmidt, antagonista-con-stile degno del miglior James Bond. Necessaria menzione per la scena nella sala torture del campo di concentramento, registicamente stupenda, e per il cameo meravigliosamente cattivo-tamarro di Wolverine/Hugh Jackman.

Da un dialogo McAvoy-Fassbender, una tra le migliori frasi degli ultimi anni: Charles: Uccidere Shaw non ti darà la pace. Erik: La pace non è mai stata un’opzione.

Chi di moneta ferisce, di moneta perisce.

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 6 voti.

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SanteCaserio (ha votato 7 questo film) alle 18:25 del 27 giugno 2011 ha scritto:

Mutante e fiero

Il migliore della serie al momento, nonostante il condensatissimo Jackman. Ottima la scelta degli attori, meno la regia (unico punto su cui discordo rispetto alla recensione). Vaughn fa il suo, senza danneggiare la spettacolarità di un divertente ed elegante gioco (quoto "dalla filosofia spicciola").