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R Recensione

7/10

Black Star regia di Francesco Castellani

Drammatico
recensione di Valentina Marchetti

Un campo con due "squadre" molto particolari che se lo contendono, perchè giocare e restare su quella terra vale quasi quanto il diritto di ripartire e rifarsi una vita, sopratutto se si è immigrati o si vive da sempre in quelle zone, sopratutto se la crisi si fa sentire... Black Star è la metafora di una lotta per la sopravvivenza, per un' "ideale".

Immaginate un gruppo di ragazzi italiani che cercano di sconfiggere la crisi reinventandosi un mestiere. E un gruppo di immigrati di origine africana che in un campo di calcio condensano tutti i loro sogni e mettono da parte le ansie, le paure. Il risultato è Black Star, un film molto intenso e che realisticamente, mostra due facce di una stessa medaglia, una quella della preoccupazione italiana o comunque occidentale, di assistere al cambiamento di atteggiamento degli stranieri che da "ospiti", secondo i "preoccupati" vogliono diventare "padroni", l'altra, è la faccia della medaglia di chi dimostra che con poco, potrebbe ripartire ma senza voler togliere niente all'altro. Due realtà , due mondi che si scontrano, che hanno entrambe le loro ragioni. Sfida difficile quella che è  stata affrontata, ma che supera pienamente la prova con un cast di attori tutti all'altezza, che riesce ad essere reale, e a scendere dentro, nella parte più profonda delle difficoltà  "del vivere d'oggi". Calvino parlava di un "mestiere di vivere", questo è ciò che fanno i nostri protagonisti e antagonisti, si arrangiano, cercano vie d'uscita, perchè  la situazione è dura, e la cassa integrazione, la disoccupazione, il permesso di soggiorno che potrebbe essere revocato, fanno paura, ma non bastano per tirarsi indietro. Non è tanto l'attaccarsi ad un campo e ad un pallone, lungi dal voler fare un film sulla grande religione del "calcio", qui l'accento è posto sull'attaccarsi ad un principio puro come il senso di sopravvivenza e disperazione. Avevamo bisogno di credere di nuovo ad un buon sentimento, di vedere eroi "moderni" del quotidiano resistere per farsi ascoltare, per far sentire la loro voce.

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