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R Recensione

7/10

Il Quinto Potere regia di Bill Condon

Drammatico
recensione di Pasquale D'Aiello

Il rapporto tra il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, e il suo collaboratore Daniel Berg, che dopo un intenso sodalizio che ha portato Wikileaks a scoprire e diffondere segreti di enorme portata, arrivano ad una drammatica rottura sul tema dei limiti dell'informazione.

 

Il titolo impegnativo del film che richiama i titoli italiani sia di Quinto potere/Network (1976) di Sidney Lumet sia di Quarto potere/Citizen Kane (1941) di Orson Welles è del tutto meritato. Wikileaks rappresenta realmente un punto di rottura nella storia dell'informazione e questo film offre l'opportunità di fare luce su questa rivoluzionaria piattaforma informativa. Il punto di partenza per la sceneggiatura, elaborata da Josh Singer, sono due libri, tra cui “Inside Wikileaks”, scritto da Daniel Domscheit-Berg, storico collaboratore di Julian Assange, con cui è arrivato ad una drammatica rottura. La sceneggiatura si muove su due piani, da un lato analizza la personalità del fondatore di Wikileaks per comprendere da quali posizioni e condizioni interiori possa essere stata concepita un'idea tanto radicale ed estrema di trasparenza dell'informazione, dall'altro si concentra sul nodo politico che riguarda il limite della trasparenza: fino a che punto è corretto diffondere notizie non totalmente controllabili e che potrebbero mettere a rischio la vita di persone? Su questo tema matura il contrasto inconciliabile tra Julian e Daniel. Quest'ultimo sente che debba porsi un limite alla divulgazione delle notizie ottenute, favorendo una collaborazione con i media tradizionali, che dovrebbero assumersi il compito di verificare tutte le notizie e depurarle da dati sensibili che potrebbero causare danni indesiderati. Julian, invece, ritiene che ogni forma di censura sarebbe un intervento arbitrario che introdurrebbe una visione soggettiva e che, invece, dovrebbe essere ogni singolo cittadino a formarsi una propria opinione avendo accesso integrale alle informazioni sottratte alle istituzioni che le detengono. Su questo dibattito neppure gli autori del film prendono posizione e lasciano allo spettatore il compito di formarsene una. I due protagonisti vengono delineati soprattutto attraverso le loro posizioni politiche, prescindendo da retroscena di cronaca non verificabili (accuse di stupro per Assange, di essere un infiltrato per Berg), ma non rinunciando ad un incursione nell'infanzia di Assange, in cui si ritiene di ritrovare alcuni elementi che ne possano spiegare il suo profilo visionario e radicale. Si racconta dell'affiliazione della madre alla setta australiana The family che prevedeva anche una forte costrizione psicologica sui bambini. La vita di Assange viene ricostruita come un percorso fortemente accidentato che gli avrebbe sviluppato un carattere ossessivo, ai limiti dell'autismo. Apprendendo questi elementi il pensiero dello spettatore può correre proprio al Charles Foster Kane di Orson Welles che ritrova l'origine delle proprie ossessioni proprio alle distorsioni affettive patite nell'adolescenza. E le analogie non finiscono qui, anche Assange, come Kane, è un uomo incapace d'amare che impiega le sue energie solo per la realizzazione delle sue ossessioni.

Sebbene l'opinione in merito al tema dei limiti dell'informazione resti ampiamente discutibile, quello che emerge con chiarezza è che Wikileaks è attualmente una delle punte più avanzate del potere della rete, incarnando il ruolo di strumento dell'intelligenza diffusa che rappresenta una forza che può avere l'ambizione di sfidare il potere concentrato dell' “Impero”, rappresentato da governi, banche, eserciti, agenzie di spionaggio, etc. Come tutte le rivoluzioni, anche questa non sembra priva di violenze e di rischi che la rendono tutto tranne che un pranzo di gala,

 

V Voti

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C Commenti

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SanteCaserio (ha votato 4 questo film) alle 23:02 del 4 gennaio 2014 ha scritto:

Non concordo. Diversi momenti di noia spingevano a sbadigliare in sala. Il problema è probabilmente nei libri scelti per fare da base alla pellicola: interessati e di parte, non sviluppano un vero e proprio dibattito sulla rete (definirei la neutralità solo apparente). Pongono interrogativi contingenti a una vicenda comunque limitata (senza andare fino in fondo) e rispecchiano l'impostazione data dagli autori dei volumi, che hanno avuto un ruolo diretto nella storia che raccontano. Piatta la regia, non convincente la recitazione.