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4/10

La scuola più bella del mondo regia di Luca Miniero

Commedia
recensione di Fabio Secchi Frau

  Una scuola media di Acerra ormai è sull'orlo del fallimento economico. Gli insegnanti rinunciano a insegnare (c'è chi preferisce ascoltare musica e chi lavorare a maglia), il preside cerca di fare quel che può per salvare la situazione, ma i bambini crescono parlando il dialetto napoletano piuttosto che l'italiano. Per un errore, proprio questa scuola media di Acerra, scambiata per una scuola del Ghana, è chiamata a partecipare a un gemellaggio con una scuola toscana. Sarà il menefreghista docente Gerardo Gergale, con una sua collega, ad accompagnare una delle classi più tumultuose "in gita".

 

   Dopo 150 anni di unità nazionale, siamo ancora al punto di partenza: un certo tipo di Nord (che qui non è proprio Nord, ma è il Centro, ovvero la Toscana) è messo meglio di un certo tipo di Sud, anche sul versante scolastico.

  Una diversità che non meraviglia per niente, visto che basta informarsi quotidianamente per notare le grandi differenze, ormai all’ordine del giorno.

  Luca Miniero, che dal suo Benvenuti al Sud in poi ha impostato tutta la sua filmografia nello spiegare questo divario, con La scuola più bella del mondo non fa un’eccezione e mette in discussione l’invalidità di una prospettiva di processo unitario (o quantomeno egualitario) che fondamentalmente non esiste e non è mai esistita, se non nell’anima dell’individuo, ma solo quando questa tocca la sfera più intima (esattamente come accade a ogni personaggio di questo titolo).

  Il film, malgrado gli ottimi interpreti (Christian De Sica, Rocco Papaleo, Lello Arena e Angela Finocchiaro), difetta enormemente di un punto cardine narrativo, ovvero, il motivo che spinge una scuola napoletana a spacciarsi per una africana. Inoltre, non decolla come potrebbe e, già dall’inizio del film, investe troppo in sentimenti e riflessioni che mettono in dubbio la saldezza di questa commedia nazionale, acutizzando le crisi, le differenti relazioni sociali e, dato che si parla di scuola, anche le istituzioni, e poco in un rinnovato umorismo o delle svolte inaspettate della trama.

  In un panorama che sarebbe potuto essere comicamente tempestoso (e quindi sfruttato meglio nella sceneggiatura), in virtù di quei processi disgreganti che fanno dei napoletani i Napoletani e dei toscani il resto dell’Italia, ci si trova quindi davanti al peccato di prevedibilità cinematografica.

  Si salvano, per tempi e forme, dei piccoli siparietti comici che caratterizzano l’evoluzione del film e che provano a capire meglio, lì dove è possibile, la vecchia ragione dei problemi attuali. Lì, le risate sono assicurate, anche se non proprio grasse.

  Ancora una volta, dunque, Miniero ci propone la contrapposizione filmica fra Nord-Sud, facendone l’unico punto capace di saldare la sua monocorde filmografia, tornando sulla questione, senza superarla, ma risolvendola solo da un punto di vista umano.

  Purtroppo, come sappiamo tutti, nella realtà non va così.

  Fa però molto piacere che l’autore affermi nuovamente la centralità del Mezzogiorno, senza abusare troppo di un mare di retorica.

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