Soap opera regia di Alessandro Genovesi
CommediaDopo la morte di uno dei condomini, si seguono le vite degli abitanti di un vecchio palazzo. C'è Francesco, che è ancora innamorato dell'ex Anna, ma lei è incinta di un altro uomo e, oltretutto, deve vedersela con l'arrivo in casa di Paolo, presto neo-papà che, però, è assalito dai dubbi in merito alla sua sessualità. C'è l'attrice televisiva Alice piena di passione per un attempato vicino carabiniere. Ci sono i gemelli Gianni e Mario, l'uno costretto ad accudire l'altro in sedia a rotelle come fosse Baby Jane con la sorella... Un umanità che, però, andrà incontro a una notte che cambierà drasticamente le loro vite.
Alessandro Genovesi potrebbe essere un maestro del linguaggio cinematografico italiano e dell’umorismo.
Potrebbe… ma non viene supportato da buone sceneggiature per esserlo.
Dopo la morte di uno degli inquilini di un vecchio palazzo, l’universo condominiale sembra l’occasione improvvisa e ideale per scrutare le reazioni umane. Ci si appresta a entrare in possesso di alcuni personaggi che hanno del forte potenziale comico: dalla ricca attrice, al Carabiniere sul quale grava la paura del disonore e due gemelli che si fanno i più svariati dispetti… Sfrontati, impiccioni, onnipresenti, i vicini potrebbero essere determinati per la buona riuscita della pellicola.
Purtroppo così non è, malgrado Soap Opera si riveli essere, per certi aspetti, una vera e propria descrizione di una microcomunità strutturatissima, soffocante e sfrenatamente autarchica. Una vera prigione dalla quale le possibilità di evasione si assottigliano sempre di più e che, quindi, non farebbe mancare i momenti esilaranti… che si aspettano ma, non arrivano.
Analizzando l’aspetto scenografico, fotografico e “costumistico” ci si esalta ma, con uno script del genere è difficile sbloccarsi e procedere in avanti con naturalezza nella visione.
Peccato.
Peccato perché su Soap Opera aleggia l’idea di quella ingegnosa, strepitosa e grottesca commedia umana da fuoriclasse che sarebbe potuta essere. Fra il surrealismo e Balzac, a tratti disturbante, di indubbio valore per certi suoi elementi, e con un maggiore senso per l’umorismo nero combinato a un linguaggio più curato, ci saremmo potuti trovare davanti al corrispettivo italiano di Wes Anderson.
Occasione sfumata. Si rimane con un sorriso tirato e beffardo sul volto ma, niente più di questo.
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