A Generi e industria cinematografica in Italia - Il caso Titanus (1949-1964) di Francesco di Chiara

Generi e industria cinematografica in Italia - Il caso Titanus (1949-1964) di Francesco di Chiara

Per la collana saggistica della Lindau è da poco uscito un interessante lavoro di Francesco Di Chiara. Come recita il titolo del volume si tratta di un'analisi agile ma ben ponderata del rapporto esistente tra lo sviluppo dei generi cinematografici e i processi produttivi. Per affrontare questa relazione si esamina la storia della Titanus, una delle case di produzione più longeve dell'industria cinematografica italiana, che si è mossa con alterne fortune tra il neorealismo, il melodramma, la commedia, il neorealismo rosa, la commedia all'italiana e a cui si devono opere che hanno segnato i loro generi come Roma ore 11 (1952) di Giuseppe De Santis, Catene (1949) e I figli di nessuno (1951) di Raffaello Matarazzo, Pane amore e fantasia (1953) di Luigi Comencini, Poveri ma belli (1957) di Dino Risi o Audace colpo dei soliti ignoti (1959) di Nanni Loy. L'idea che da un caso specifico sia possibile estrapolare se non un modello generale quantomeno un valido metodo di analisi si dimostra senz'altro fondata. Il saggio è suddiviso in due parti, nella prima si affrontano le questioni industriali, passando in rassegna tutte le vicenda di questa casa di produzione che ha aperto le sue attività cinematografiche nel 1904, nella seconda parte si tratta la questione dei generi cinematografici, soprattutto nella loro correlazione con le dinamiche produttive.

L'approccio metodologico utilizzato è strutturato in modo analitico, secondo consolidate teorie sia produttive sia di critica cinematografica, corroborato da un valido apparato di note.

In un contesto in cui la critica tende ad abbandonare persino una realistica analisi semantica dei film, molto spesso si tende ad ignorare del tutto l'importanza delle dinamiche industriali delle case di produzione rispetto allo sviluppo delle cinematografie; realtà che sarebbe, invece, utile approfondire, data la duplice natura del cinema, di arte ed industria. La generica consapevolezza che i produttori mirino a massimizzare i loro profitti, per quanto sia necessariamente vera, non è sufficiente a comprendere le dinamiche extra-autoriali che portano alla produzione di un certo film, realizzato in un determinato modo in un determinato tempo. Se poi si prende atto dell'alto tasso di insuccesso delle produzioni cinematografiche, diventa molto interessante approfondire le strutture di pensiero che determinano le strategie dei produttori. La stessa Titanus è un esempio eccellente anche dell'insuccesso, essendo stata vittima di un forte dissesto economico che l'ha indotta a chiudere quasi del tutto il suo ramo produttivo cinematografico nel 1964. Attraverso la lettura di questo saggio, ad esempio, si può apprezzare l'ipotesi che quel fallimento che viene generalmente imputato alla produzione dei due film di Luchino Visconti, Il Gattopardo (1963) e Rocco e i suoi fratelli (1960) potrebbe, in realtà, essere il frutto di una serie di scelte e condizioni ben più vaste che avevano a che vedere con tutta la strategia messa in campo dalla Titanus fino a quel momento, soprattutto nella sua relazione con la commedia all'italiana.

Sebbene non indagato nel dettaglio, nella trattazione del saggio non manca la presenza di un terzo attore che svolge un ruolo nella creazione cinematografica, ovvero il pubblico che con le sue evoluzioni culturali ed economiche influenza le scelte produttive.

Tra gli interessanti approfondimenti del testo vi è l'attenzione posta non solo sul valore artistico delle pellicole ma anche e soprattutto su quello di rappresentanza dei mutamenti sociali, come il ruolo della donna, il suo rapporto con il mondo del lavoro e la morale sessuale.

La trattazione si interrompe al 1964, anno in cui la Titanus diviene prevalentemente una società di distribuzione. Successivamente la Titanus ha ripreso la sua attività di produzione rivolgendosi soprattutto al mercato delle fiction televisive. E un'indagine, con la medesima impostazione, su questo ambito di produzioni di intrattenimento sarebbe tutt'altro che superflua poiché potrebbe ben rappresentare un certo mutamento culturale della nostra società presente.

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