A Flavio De Bernardinis – Arte Cinematografica. Il ciclo storico del cinema da Argan a Scorsese (2017)

Flavio De Bernardinis – Arte Cinematografica. Il ciclo storico del cinema da Argan a Scorsese (2017)

 

È senza dubbio una lettura impegnativa quella di “Arte Cinematografica. Il ciclo storico del cinema da Argan a Scorsese”, eppure dà certamente soddisfazioni. La difficoltà maggiore che si offre è però quella di riuscire a inquadrare le oltre 400 pagine secondo un filo logico capace di rendere conto della complessità del lavoro. Partiamo dalla chiarificazione del contenuto del libro: “non è mai stata nostra intenzione delineare una “teoria estetica” del cinema: perché sul piano storico non è ancora individuabile un'estetica generale, nella quale il cinema sia in grado di trovare piena cittadinanza. Il nostro tentativo consiste nel tentativo di una descrizione elementare dell'arte contemporanea” (pag. 390). In effetti la difficoltà maggiore sta nel cercare di circoscrivere con precisione la tematica dell'opera.

Cominciamo dall'autore: Flavio De Bernardinis è storico, studioso e docente di storia del cinema, regista teatrale e cinematografico e saggista. Questa sua ultima pubblicazione è probabilmente la sua più ambiziosa: dopo una serie di lavori incentrati soprattutto su un taglio monografico (su Altman, Moretti, Kubrick) qui affronta una tematica vasta, che spazia tra le discipline: non solo storia del cinema, non solo storia dell'arte, ma anche molta filosofia, non solo estetica. È utile per comprendere alcuni passaggi avere chiare delle competenze minime di ontologia, oltre che di storia contemporanea. Il libro si rivela essere un labirinto che apre a svariate riflessioni e cuniculi sotterranei e talvolta il lettore sprovveduto può avere l'impressione di perdersi in una rassegna catalogatoria di teorie estetiche cinematografiche più o meno “idealiste”, “tecniche”, “artistiche” o altro. In realtà l'Autore riesce poi sempre a tornare sui binari giusti, dedicando certamente ampio spazio alle analisi fatte dai vari teorici soprattutto italiani. I riferimenti a Bazin e Scorsese sono un po' illusori. Lo spazio loro dedicato è infatti ridotto al minimo, seppur non manchino a riguardo pagine meritevoli e interessanti. Non si pensi però che la ricostruzione di una dibattito secolare qui proposto abbia un che di localistico e provinciale, oppure di eccessivamente tecnico e specialistico. Se in alcuni punti c'è una sensazione di essersi infilati in un ingombrante e poco chiaro “formalismo teorico” fatto quasi di bizantinismi, in altri emerge bene la concretezza politica dello scontro in atto tra teorie contrapposte, come ad esempio quelle riguardanti il dibattito sul neorealismo italiano e sul ruolo degli autori, così come li intende in maniera idealista un Bazin o come li intende un Rossellini. È quello che nel dopoguerra l'autore definisce “l'acre contrasto tra gli eredi della cultura idealistica, i cosiddetti formalisti, e i promotori di una cultura materialistica, i contenutisti” (pag. 250). Prima e dopo è profluvio di ragionamenti e teorie sul rapporto tra cinema, pedagogia, propaganda, montaggio, realtà materiale e soggettiva. Si parte da Croce, si passa per Gentile, Chiarini, Aristarco e chiaramente Argan, il vero filo conduttore dell'opera.

Nel complesso non un libro semplice e teso ad una divulgazione popolare, ma un'opera densa e raffinata, che non manca comunque di aggiungere momenti “pop” in alcune riflessioni e tematiche capaci di catturare l'attenzione anche dei meno cinefili.

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