Toro Scatenato regia di Martin Scorsese
DrammaticoStoria del campione mondiale dei pesi medi Jake La Motta, detto “il toro del Bronx” per le furenti capacità di picchiatore, ma soprattutto di incassatore. Conquistò il titolo nel 1949 contro Marcel Cerdan e lo cedette a Ray Sugar Robinson il 14 febbraio 1951, ma dopo i successi nel campo dello sport, finì col diventare un gestore di night club, abbandonato da tutto e tutti.
Vi sono film di cui non ci si può non innamorare già solo dai primi fotogrammi. E sfido chiunque a dire che i titoli di testa di Toro Scatenato non sono un autentico orgasmo cinematografico, in cui lo spettatore si abbandona totalmente alla bellezza e al piacere delle immagini che scorrono sullo schermo. La figura indistinta di un De Niro saltellante, ammantato dalla nebbia e dal fumo di un ring in bianco e nero, illuminato da flash improvvisi, il tutto mentre scorrono le note della Cavalleria Rusticana di Mascagni, è l’apertura perfetta per quello che oggi viene considerato da molti uno dei film più importanti della storia del cinema americano.
Scorsese racconta in Raging Bull vita, imprese, ascesa e caduta di Jake La Motta, campione di pugilato dei pesi medi, personaggio contrastato, amato e odiato alla follia, prima pugile immenso, poi gestore di squallidi night club e cabarettista di dubbio valore. Il film è, come accadeva anche in un altro capolavoro del regista (Taxi Driver) tutto incentrato su De Niro: ancora oggi si rimane impressionati dalla sua capacità di immedesimazione nel personaggio, dal totale “annullamento” della sua persona; De Niro ingrassa, dimagrisce, esibisce prima il fisico di un lottatore navigato e poi quello di un cinquantenne in declino, e lo fa sempre mantenendo un realismo nell’interpretazione davvero incredibile (giustamente premiato con l’oscar); e paradossalmente è solo perché lui è così gigantesco che passa in secondo piano il magnifico lavoro di un attore troppe volte sottovalutato, e cioè Joe Pesci, qui nel ruolo del fratello di La Motta.
Il cinema di Scorsese è un cinema che ruota tutto intorno alla violenza (degli uomini, del mondo, della società, dei sentimenti), e narrare la storia di un pugile deve essere venuto quasi naturale al regista di Shutter Island: le immagini sul ring non sono numerose, ma sono tutte fredde, crude, dal forte impatto visivo ed emotivo (grande merito va al montaggio di Thelma Schoonmaker, anche lei premiata con l’oscar), ma allo stesso tempo è toccante il modo in cui il regista descrive alcuni momenti privati di La Motta, come il momento in cui si pente di essersi venduto un incontro (con De Niro, Pesci e l’allenatore scoppiano in un pianto dirotto nello spogliatoio subito dopo la sconfitta), o tutta la sequenza in cui scene della vita quotidiana del protagonista (gli unici a colori di tutto il film), si alternano alle immagini dei suoi trionfi sul ring.
Toro Scatenato è davvero uno di quei film che, visto e rivisto anche migliaia di volte, regala allo spettatore un piacere sempre più grande: e questa è una peculiarità dei grandi, grandissimi film.
Tweet