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6/10

La Principessa e il Ranocchio regia di Ron Clements, John Musker

Animazione
recensione di Alessandro Giovannini

New Orleans 1926. Bianchi sfruttatori e negri sfruttati. In questa cornice di discriminazione razziale, Tiana cerca di realizzare il sogno del padre di aprire un ristorante tutto loro a gestione famigliare. Ci penseranno un principe senza un soldo, di cui si innamora, ed uno stregone vodoo che li trasforma entrambi in rospi, a complicare le cose.

Ispirato al racconto The Frog Princess di E.D. Baker, raccontato a ritmo di jazz, sulle cui divagazioni si impronta la colonna sonora di Randy Newman, il film recupera la tecnica del disegno con efficacia, anche perchè i personaggi umani ancora non rendono al top in versione computer grafica. Prima principessa Disney non bianca, Tiana è un'eroina determinata ad emanciparsi e vivere secondo i suoi desideri, incurante delle imposizioni della società (impostazione tipica dei Classici) e delle discriminazioni di razza (prospettiva storica inedita nella serie). L'avventura non manca di elementi fantastici che rimandano un po' a Le avventure di Bianca e Bernie (specie per l'ambientazione palustre), alla favola di ambientazione storica stile Aladdin, perfino al melò Spielberg-iano de Il colore viola

E' un film non solo per bambini: serve a capire quanto il problema del razzismo sia radicato nella cultura americana ed ancora ben presente, probabilmente ad un livello maggiore di quanto si possa pensare. Il pubblico dei più piccoli potrà non cogliere questi riferimenti e godersi semplicemente una storia da classica fiaba: la principessa in pericolo, gli incantesimi, la quest, lo scontro finale, il tutto però trasposto in un impianto abbastanza moderno da svecchiare la canonicità del plot e renderlo appetibile anche alle nuove, tecnologizzate generazioni.

Ottimo il design delle ambientazioni e dei personaggi, ottenuto con il software Toon Boom Harmony (prodotto dalla Toon Boom Animation Inc.) che include, fra le altre cose, tool di deformazione delle immagini, morphing, effetti particellari, inverse kinematics, integrazione 2D-3D, che ha soppiantato il vecchio software proprietario di Disney e Pixar, CAPS, ormai obsoleto. Ma non solo: si è ricorso anche ai programmi della Creative Collection di Adobe (Photoshop ed After Effects) nonché a Maya per la modellazione 3D di alcune elementi architettonici.

Insomma ormai il film a cartoni passa totalmente per l'elaborazione ibrida dei software d'assemblaggio profondo.

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