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5/10

Gli Aristogatti regia di Wolfgang Reitherman

Animazione
recensione di Alessandro Giovannini

La trama ha vari punti in comune con Lilli e il vagabondo: una gatta aristocratica ed un gatto randagio  che si innamorano. Lo sviluppo della vicenda però è molto diverso: c'è di mezzo un maggiordomo avido che vuol sbarazzarsi dei felini per ereditare gli averi della nobildonna per cui lavora, che vuol lasciare tutti i suoi beni ai suoi gatti (forse il maggiordomo non ha proprio torto...).

Ultima produzione approvata personalmente da Walt Disney, morto alla fine del 1966. Ci sono anche vari richiami a la Carica dei 101, di cui imita anche il disegno: scene speculari, viaggio avventuroso di ritorno ed altro. Insomma non si può dire che brilli per originalità. La versione italiana inoltre trasforma il gatto randagio irlandese Thomas in un gatto romano di nome Romeo, senza alcun senso: come se traducendo un libro straniero, il curatore italiano cambiasse nome ed origine di uno dei personaggi principali!

Tralasciando questa assurdità, il film diverte soprattutto per le musiche: la storia si svolge nella Parigi della Belle Époque, in cui motivi romantici si alternano a sfuriate jazz (queste ultime fanno da motivo conduttore delle scene più riuscite della pellicola, sarabanda di suoni luci e colori).

Da notare che è forse il primo Classico Disney in cui i gatti sono i buoni (tralasciando figure di poco conto come Figaro in Pinocchio), e sicuramente è il primo in cui sono protagonisti; tuttavia i cani non mancano.

Gli Aristogatti è un Classico derivativo, ma si lascia vedere.

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