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7/10

Belle in the Nineties regia di Leo McCarey

Musicale
recensione di Fabio Secchi Frau

Ruby Carter è la regina di un night club frequentato da sportivi ma, per allontanarsi dal pugile Tiger Kid, del quale si è invaghita si sposta da St. Louis a New Orleans, dove trova una nuova fama e viene corteggiata dal ricco Ace Lamont ma, a quel punto, anche Tiger Kid la raggiunge.

Regista di commedie e drammi da Oscar, ma soprattutto grande anima e mestierante della cinepresa della Golden Age hollywoodiana, Leo McCarey era quasi un nome predestinato per trasferire su schermo il soggetto “Non è peccato” - doveva essere questo il titolo originale della pellicola ma, la censura si oppose optando per un titolo moralmente meno minaccioso - di cui è autrice proprio la protagonista di questo film, l’indimenticabile Mae West.

Così, aggiunto qualche numero musicale e trovato il resto del cast che includeva Johnny Mack Brown, Katherine DeMille e il monumentale Duke Ellington, si imbastisce quello che è ritenuto uno dei più grandi successi cinematografici del 1934 ma, anche uno di quelli più osteggiati (un destino che sarà comune a molti dei film della West). Il già citato cambio del titolo fu uno di questi ostacoli (e pensare che idearono una trovata pubblicitaria, addestrando 50 pappagalli a gridare “Non è peccato”, ma poi, visto quel che accadde, furono costretti a rilasciarli nella giungla del Sud America, dove leggenda vuole che si sentisse ancora ripetere quella frase), ma anche l’obbligo di rigirare il finale inserendo il matrimonio fra il personaggio interpretato dalla West e Tiger Kid, che invece non era incluso, così da rendere la commedia più “convenzionale”.

Mae West è nell’insieme algida e cattivissima con tutti, uomini e donne. Nessuno escluso. Irriverente e affascinante, la sua Ruby Carter è l’antitesi del conformismo femminile di quei tempi. E poi c’è il suo canto da riempire fino all’orlo questa storia d’amore Anni Trenta, che accompagna una musica spesso trascinante.

Costumi estremamente elaborati per lei e battute graffianti, il tutto assemblato in una trama allora di moda in un genere allora di moda.

Insomma, si tratta di una delizia per raffinati intenditori, capaci di subire il fascino della nostalgia di una grande attrice che fu, principalmente, autrice di se stessa.

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