Carlito's Way regia di Brian De Palma
ThrillerUn trafficante di eroina portoricano, Carlito Brigante, esce di prigione per un cavillo legale grazie al suo avvocato David Clienfield (un mefistofelico e impaurito Sean Penn), e inizia a godersi la vita con il sogno di fare soldi e fuggire lontano mantenendosi pulito.
Ma i suoi buoni propositi sono difficili da mantenere nell’ambiente spietato della strada…
L’esperienza della prigione gli ha fatto apprezzare la vita e il ritorno alla libertà è per lui la speranza di una rinascita, ma è ben consapevole che dovrà vedersela con la fama che si è costruito, con i suoi vecchi amici, con la sua natura.
Una solidissima sceneggiatura di David Koepp, grandiosi interpreti doppiati in maniera magistrale (Giancarlo Giannini su tutti), il romanticismo dell’eroe sconfitto in partenza e la macchina da presa che arriva a “recitare” per un grandissimo, ma discontinuo regista: tutti questi elementi rendono Carlito’s way un noir affascinante e commuovente sotto ogni aspetto.
La delineazione della storia di un uomo di cui si conosce la fine già dalla prima, esteticamente stupenda, sequenza in bianco e nero, è costruita partendo dai suoi pensieri, dalle sue paure e dalla sua passionalità.
Il film è un’opera molto tesa e curata nella scelta della musica, nelle ricostruzioni degli interni e di tutti gli ambienti e locali in generale, nelle suggestioni (memorabile una piccola scena in cui lui osserva Gail da un tetto guardandola attraverso una finestra mentre lei prende lezioni di danza con un bellissimo sottofondo musicale classico) e, nonostante talvolta si lasci andare a spicciole autocitazioni, come la scena del treno e della scala mobile (con Al Pacino in gran forma) che ricordano il finale di “Gli intoccabili”, la maestria di De Palma non viene mai fatta pesare e non viene trascurato il disegno dei personaggi.
Tutto il contesto mafioso è delineato e caratterizzato da punti fissi come la paura e la stupidità, mentre i personaggi emergenti di Carlito e Gail restano in piedi per incorruttibilità, onore e amore incondizionato.
È tutto proiettato verso un futuro e una dimensione temporale diversa, anche quando Gail manifesta i suoi timori verso Clienfield, preannuncia una futuro che immagina già da molto tempo e che diverge da quello in cui Charlie ha riposto tutti i suoi sogni.
La fine arriva per mano della persona più indegna e dal personaggio più sottovalutato proprio per lasciar intendere che c’è sempre qualcosa di incontrollabile, una componente “x” nella natura umana che si proietta sul destino di tutti.
La frase che Carlito recita in ascensore, quando organizza concretamente la sua fuga verso la vita “Tre ore…ce la faccio a tenere a bada tutto?”, sembra essere una domanda tragicamente illegittima: non si possono prevedere le conseguenze delle nostre azioni, soprattutto quando ne sentiamo il peso così costantemente e ponderiamo tutto quello che percepiamo per cercare una spiegazione logica alla nostra natura: non esiste!
Carlito è un guerriero, è l’eroe che non si arrende, neanche contro se stesso, che sente di essere forte ma teme la sua forza, così come teme la metodicità e l’inevitabilità delle azioni dei suoi nemici.
Spietato, freddo, saggio, ha ancora paura delle sue reazioni e del rispetto che ha imparato dalla strada: i debiti d’onore vanno pagati sempre, le regole sono semplici e non ammettono trasgressioni.
E’ un personaggio commuovente, estremamente complesso, in potenziale evoluzione, ma bloccato dal suo passato, imprigionato in una gabbia da cui non è possibile uscire grazie ad un avvocato abile: quella che un uomo può costruirsi con i propri errori.
La fine è annunciata ma aperta alla speranza di una storia che parte dove se ne conclude un’altra.
E una nascita crea il ponte tra il passato che muore e il futuro sperato e plasmato dai sogni come l’ultima immagine fissa, la foto sul poster pubblicitario al termine del film, che prende vita e dà allo spettatore l’unico modo per proiettarsi verso un Paradiso onirico.
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