T Trailer

R Recensione

7/10

La Papessa regia di Sonke Wortmann

Storico
recensione di Maurizio Pessione

La storia di Giovanna, nata in un’epoca (siamo intorno al 9^ secolo d.C.) nella quale le donne non potevano nemmeno imparare a leggere e scrivere, mentre lei, studiando di nascosto ma grazie anche ad una notevole intelligenza riesce invece ad entrare nella importante Scuola Cattedratica. Salvatasi per miracolo dall’invasione dei Vichinghi, che hanno fatto una strage nel suo villaggio, proprio nel giorno delle nozze che le ha imposto la matrigna, gelosa delle attenzione che suo marito, il nobile Gudrun le riserva, Giovanna, camuffata da uomo riesce ad entrare nell’abbazia di Fulda fra i monaci benedettini dove riesce a mantenere a lungo il suo segreto distinguendosi per le sue doti di altruismo e guaritrice. Quando è costretta a fuggire nuovamente per non essere scoperta Giovanna, ribattezzata nel frattempo Giovanni Anglicus, giunge a Roma dove, messasi nuovamente in luce per le stesse doti, ma sempre nascondendo la sua femminilità, salva il Papa da una malattia che lo stava per uccidere e diventa quindi suo consigliere e poi addirittura nomenclatore. Non può far nulla però per evitare il successivo avvelenamento dei pretendenti al suo trono ma alle successive elezioni che avvengono per acclamazione viene scelta sorprendentemente lei dal popolo per succedere al soglio pontificio, riconoscendole le caratteristiche ideali per quel ruolo. Giovanna è costretta a rinunciare ai propositi di fuga con il nobile Gudrun che la credeva morta, come il resto della sua famiglia e l’ha invece ritrovata e riconosciuta a Roma dove è arrivato al seguito dell’esercito dei Franchi. Anastasio, forte dell’aiuto dei suoi alleati, non ha però rinunciato al ruolo di nomenclatore che gli apparteneva in precedenza ed alle mire di diventare a sua volta Papa, non certo per scopi religiosi. Il finale, supposto che davvero questa vicenda sia realmente avvenuta e non è invece una semplice leggenda come tante altre, è in linea con le più classiche tragedie. 

Il romanzo storico è uno dei generi da tempo più in voga e basta passare davanti alla vetrina di qualsiasi libreria per averne la riprova. Nelle classifiche di vendita poi è difficile che non ve ne sia presente qualcuno. Il cinema, che da sempre trova nella letteratura un’indispensabile fonte d’ispirazione, spesso ne acquista i diritti di trasposizione come in questo caso dall’omonimo racconto di Donna Woolfolk Cross. Ovviamente per catturare l’interesse dei lettori/spettatori l’argomento deve essere insolito, meglio ancora se contiene intrighi e misteri. D’altronde è molto più facile andare a scavare nei meandri della storia per cercare aneddoti sorprendenti, se non addirittura sconvolgenti o comunque fuori dagli schemi abituali, magari inventandoli di sana pianta, piuttosto che cercare di suscitare la medesima curiosità e credibilità andando a pescare in fatti recenti o addirittura attuali più facilmente distinguibili.

Siccome è sempre più difficile stupire il pubblico, ecco che diventa complicato trovare temi adatti e qualunque ambito, incluse le cosiddette zone franche, in questo caso una figura carismatica come la massima autorità religiosa del cattolicesimo, non sono esenti da riletture e congetture o presunte tali.  Nel caso specifico ‘La Papessa’ racconta davvero un fatto clamoroso che potrebbe essere avvenuto, secondo taluni, intorno all’anno 850 d.C., ovvero l’ascesa al soglio pontificio da parte di una donna che è riuscita sorprendentemente a celare la sua natura femminile andando contro, non solo le regole basilari della religione cattolica che riservano agli uomini soltanto la possibilità dell’ascesa ai vertici della Chiesa, ma anche i principi morali di un’epoca nella quale ci voleva ben poco per sconfinare nella blasfemia, le cui conseguenze spesso portavano perfino alla condanna a morte.

Un episodio così imbarazzante per la Chiesa, del quale non solo è impossibile dimostrare in assoluto la veridicità, considerando la distanza enorme in termini di tempo dalla data nella quale si presume che esso sia avvenuto ma, anche ammesso e non concesso che sia davvero accaduto, si possono facilmente intuire le ragioni in base alle quali i vertici ecclesiastici possono aver agito con qualunque mezzo per censurarlo e farlo scomparire dalle pagine di storia. Leggendo qua e là al riguardo si colgono non soltanto opinioni contrapposte fra i sostenitori della fondatezza di questo singolare papato e quelli che asseriscono esattamente il contrario, ma anche fra i primi ci sono discordanze, se non altro, riguardo la sua drammatica conclusione. Il film di Sönke Wortmann propone una di queste ipotesi.

Nel corso della sua bi-millenaria esistenza è noto che la Chiesa Cattolica oltrechè essersi distinta per i grandi meriti, s’è macchiata anche di gravi colpe. La Papessa non dice nulla di nuovo in materia, sia chiaro, se escludiamo lo specifico dell’argomento che tratta. L’atteggiamento critico a proposito del contrasto stridente fra la sincera ispirazione di fede e l’ambizione di stampo politico di alcuni che gravitano intorno alla figura del successore di Pietro, in questo caso Sergio II, poichè proviene da un autore nato nella patria di Martin Lutero, qualche sospetto di pregiudizio lo lascia per strada, a ben vedere, anche se lo scopo ultimo del film non appare quello di… gettare la croce, se così si può dire, sull’etica della massima istituzione della religione cristiana, quanto semmai proporre una originale figura di femminista ante litteram, seppure in odore di santità.

Il racconto si svolge in un’epoca nella quale i preti, soprattutto quelli più ottusi che vivevano nei villaggi sperduti, erano maniacalmente intransigenti riguardo le regole morali e religiose che tutti, ad iniziare dalle loro mogli (non c’era ancora l’obbligo del celibato) ed i loro figli dovevano osservare. Disattenderle o soltanto sollevare il sospetto di eresia si traduceva in punizioni morali e corporali (che nei casi peggiori comprendevano persino atti di sodomia con il pretesto di esorcizzare in tal modo il diavolo) che potevano arrivare sino alla morte dell’accusato/a. Diffidenti riguardo a qualsiasi progresso dell’uomo verso la conoscenza, ad iniziare da quella medica e convinti che il destino di ogni persona sia solo nelle mani di Dio, essi ritenevano che persino un parto difficile si dovesse concludere positivamente o meno per la madre ed il nascituro senza aiuti e l’intervento di terzi, con i risultati in termini percentuali di mortalità che è facile immaginare.

Secondo la logica interpretativa delle Sacre Scritture da parte di questi religiosi, i quali spesso leggevano soltanto le parti a suffragio delle loro tesi, evidenziando però anche i limiti della loro cultura, intelligenza ed umiltà, le donne non avevano neppure diritto di studiare, tantomeno di imparare a leggere e scrivere, essendo considerate una razza inferiore, persino prive (dice ad un certo punto un frate arrogante e presuntuoso) della parte del cervello adibita ai processi cognitivi complessi.

Il destino di Giovanna, nata appunto dopo un parto travagliato, ma dimostratasi ben presto di livello intellettivo ben superiore a quello dei due fratelli maschi, sarebbe comunque segnato, nella distorta visione del padre sacerdote, se non fosse che alcuni eventi drammatici, apparentemente sfavorevoli, in realtà si intersecano l’un l’altro in modo che la ragazza possa evitare di appassire in quelle condizioni familiari e sociali per diventare invece il migliore allievo della Scuola Cattedrale, nella quale riesce ad entrare, unica femmina, grazie al sostegno di un maestro illuminato che l’ha scoperta e del vescovo, bruciando i tempi e surclassando i compagni maschi, nonostante l’ostilità del frate insegnante Odo.

Giovanna viene inoltre adottata dal nobile locale Gudrun che ha immediatamente intuito le sue doti, divenendo nel corso degli anni la sua favorita e suscitando per questo la gelosia ed il risentimento della moglie. Quando quest’ultima ritiene di potersi disfare di lei obbligandola a sposare un signorotto locale, mentre il marito è in guerra contro i Normanni, l’invasione improvvisa dei Vichinghi, proprio nel giorno del matrimonio, provoca la strage di tutto il villaggio. Giovanna è fra i pochi sopravvissuti solo perché da svenuta è creduta invece morta.

Grazie ad un travestimento da maschio, dopo essersi tagliata anche i capelli, riesce ad entrare a far parte dei monaci benedettini nell’abbazia di Fulda presso i quali, mantenendo il segreto riguardo il suo sesso ed assumendo il nome di Giovanni Anglicus, affina le sue capacità di guaritrice grazie allo studio della medicina sui libri di Ippocrate che è capace di tradurre dal greco e all’uso delle erbe mediche. Costretta un po’ di tempo dopo a lasciare l’abbazia per non farsi scoprire quando, in preda ad un forte attacco febbrile dovrebbe essere spogliata dai confratelli, viene salvata e soccorsa da una coppia e la loro bambina che l’hanno riconosciuta, seppure trovata delirante sul fondo di una barca alla deriva, come quella stessa solerte guaritrice che tanto aveva fatto per loro in precedenza.

Una volta tornata in salute Giovanna decide comunque di partire e spingersi sino a Roma ed anche nella città eterna dimostra ancora una volta in breve tempo la sua generosità ed abilità di curatrice. La sua fama arriva sino ai consiglieri, collaboratori e medici del Papa, oramai impotenti di fronte al peggioramento progressivo delle condizioni di salute del pontefice e Giovanna viene perciò invitata al suo capezzale per un consulto. Intuita immediatamente la causa e cambiando totalmente la cura sbagliata adottata sin lì da altri, Giovanna consente al Pontefice di guarire miracolosamente e velocemente, proprio quando il suo nomenclatore Anastasio, il quale ne fa le veci da tempo prendendosi anche troppe libertà, già si prefigurava come suo prossimo successore. Il Papa assume allora Giovanna come suo consigliere e poi addirittura come nomenclatore al posto di Anastasio, del quale non si fida più e quando i Franchi invadono Roma, grazie ad un trucco architettato proprio dalla sua preziosa collaboratrice, il loro re ed i suoi soldati s’inchinano in ossequio davanti al Papa che volevano inizialmente deporre.

Fra i Franchi però c’è anche Gudrun che ha inteso il marchingegno avendo effettuato a suo tempo alcuni esperimenti di fisica elementare assieme a Giovanna che oramai credeva morta, pur non avendone mai trovato il cadavere. L’incontro fra i due scioglie ogni residua inibizione ma mentre stanno trascorrendo una notte d’amore fuori dalle mura della città, i rintocchi a morte scanditi dalle campane annunciano la triste notizia che il Papa è deceduto, essendo stato avvelenato da Anastasio ed i suoi sostenitori e neppure Giovanna stavolta può fare nulla per salvarlo.

Nonostante gli assassini abbiano tramato proprio per eleggere il loro rappresentante al trono papale, la votazione si svolge davanti al popolo per acclamazione e mentre Giovanna e Gudrun stanno pensando seriamente di lasciare Roma e vivere in pace la loro storia d’amore, il clamore della folla e l’arrivo delle guardie papali nella stanza nella quale si trovano i due, disinteressati al rituale della designazione, annunciano a Giovanna la sua sorprendente elezione al posto che fu di San Pietro, costringendola a rinunciare ai suoi propositi. Gudrun vorrebbe che lei rifiutasse la nomina ma pur di starle vicino e proteggerla accetta di lì a breve l’incarico di capo delle guardie pontificie.

Il papato di Giovanna in breve tempo trova il più ampio consenso della popolazione che riconosce nelle sue decisioni illuminate il vero rappresentante delle istanze dei più poveri. Anastasio ed i suoi però non si sono rassegnati ed ordiscono un complotto per eliminare innanzitutto Gudrun, che garantisce al Papa l’integrità fisica. Giovanna però è rimasta incinta nel frattempo e non può rimanere ancora a lungo in quel ruolo senza che risulti evidente il suo stato. Si accorda quindi con il suo amato per fuggire assieme il giorno di Pasqua ma proprio durante la rituale processione Gudrun viene attirato in un tranello ed assassinato; subito dopo Giovanna per il dolore abortisce e quindi muore cadendo dal baldacchino per terra, lasciando una lunga scia di sangue mentre negli ultimi spasimi si trascina quasi strisciando, fra la sorpresa e l’orrore dei testimoni.

Poiché qualcuno sostiene che ci siano stati più casi nella storia di donne travestite da uomo che sono riuscite ad arrivare a vari gradi delle gerarchie ecclesiastiche, il film inizia e si conclude con il vescovo di Parigi (che alla fine scopriremo non essere altri che quella bambina della famiglia un tempo soccorsa da Giovanna la quale con la piccola aveva trascorso giorni felici e spensierati mentre si stava rimettendo in forze) è giunto a Roma dove sta preparando un volume che racconta la storia della Chiesa attraverso i suoi papi, nella quale si assicura che un posto spetti di diritto anche a quella donna che nel breve periodo del suo pontificato ha lasciato un segno importante, seppure qualcuno in seguito ha cercato in tutti i modi di negarlo.

La Papessa, per quanto sia un film che affronta un soggetto spinoso e forse anche un po’ provocatorio per i tradizionalisti della religione cattolica, sorprende per le splendide scenografie innanzitutto, davvero inusuali in un film di origine non hollywoodiana. Tuttavia i toni sono eccessivamente elegiaci nella parte finale che vede Giovanna a Roma e quindi eletta Papa poichè appare troppo giovane per quella posizione ed anche perchè, pur non mostrando tratti inequivocabilmente femminili ma neppure mascolini, riesce difficile credere che in un ambiente di uomini esperti, astuti e smaliziati nessuno abbia potuto neanche solo dubitare riguardo il suo sesso: l’assenza della barba se non altro. Ciò nonostante l’occhio attento coglie abbastanza facilmente il processo di post produzione in digitale usato soprattutto nelle immagini panoramiche di Roma e del popolo riunito, pur egregiamente raffigurate. Bisogna anche sottolineare però che per due terzi si tratta di un’opera coinvolgente, anche puntigliosa nel descrivere i costumi del tempo, le contraddizioni e le aberrazioni di chi può usare il potere della religione per corrompere (quasi tutto l’entourage che gravita intorno al Papa), per sprofondare nella decadenza del vizio (il vescovo), per realizzare dotte e lungimiranti iniziative (il maestro che prende a cura gli studi di Giovanna) oppure per assumere atteggiamenti ossessivamente intransigenti (il padre di lei). Si tratta certamente della parte più interessante del film caratterizzata da un’apprezzabile chiarezza espositiva, misurata nei modi ma efficace dal punto di vista espressivo, con la figura di Giovanna che si staglia palesemente, pur senza eccessi spettacolari. Le tre interpreti che si alternano nella figura di Giovanna bambina (Tigerly Hutchinson), giovinetta (Lotte Flack) ed adulta (Johanna Wokalek) ben la rappresentano nelle diverse età ed è molto efficace anche Anatole Taubman nel ruolo del perfido Anastasio.

Pur essendo già evidente nel titolo quale sia l’argomento sul quale gli autori dell’opera hanno decisamente puntato e grazie al quale hanno mirato a colpire ed incuriosire lo spettatore, in realtà nel narrare la storia eccezionale di questa donna di mirabile intelletto, capacità e determinazione, che il destino più che la volontà sua hanno voluto assurgere ad un incarico impensabile, hanno realizzato innanzitutto una significativa testimonianza di emancipazione femminile. Lo scambio di battute fra Giovanna ed il frate Odo, che poi diventerà il suo insegnante alla Scuola Cattedrale, sotto lo sguardo stupito prima, divertito ed ammirato poi del vescovo e del nobile Gudrun che subito dopo l’adotterà e davvero significativo in tal senso.

La Papessa è quindi un film che giunge in sordina e senza l’adeguato sostegno  pubblicitario di solito riservato dalle Majors a prodotti analoghi ma che in definitiva restituisce più di quello che chiede o si potrebbe pensare di trovarvi inizialmente. La scelta del regista Sönke Wortmann di affidare la parte della protagonista a Johanna Wokalek è premiante grazie alla bravura dell’attrice, non bella ed efebica nell’aspetto fisico, ma che appare un po’ pretenziosa per quanto riguarda l’adattamento ad un ruolo così particolare e normalmente destinato a personaggi di età più matura. Anche nell’immagine che appare in locandina Giovanna assomiglia più ad un giovane faraone che ad un Papa.

Una curiosità: sembra che alcuni protestanti abbiano approfittato a suo tempo dell’episodio per far nascere la leggenda di un curioso rituale che da allora è stato adottato per assicurarsi senza alcun dubbio che il Papa eletto sia in possesso degli attributi maschili. Non appena egli è designato viene fatto sedere su un seggio di porfido rosso con un buco in mezzo attraverso il quale qualcuno dei presenti infila un braccio e dopo aver verificato quanto necessario, pronuncia la fatidica frase… ‘Virgam et testiculos habet!’, che ritengo ci si possa esimere da tradurre. Già da questa diceria, sempre seccamente smentita dagli organi ufficiali della Chiesa Romana, si comprende quanto la storia sia ricca di miti e credenze, le più disparate, delle quali è praticamente impossibile stabilire con certezza l’autenticità.

V Voti

Voto degli utenti: 4/10 in media su 1 voto.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Peasyfloyd (ha votato 4 questo film) alle 14:19 del 12 febbraio 2012 ha scritto:

brrr film che mi fa ancora venire i brividi tanto l'ho trovato brutto e inutile