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10/10

Soy Cuba regia di Mikhail Kalatozov

Politico
recensione di Enzo Barbato

Viaggio attorno alle miserie della popolazione cubana e la sua voglia di riscatto dal regime dittatoriale di Batista. Riscatto che arriverà nel 1959 con la Rivoluzione Cubana.

Una barca ara placidamente un corso d'acqua che riesce ad infiltrarsi tra palafitte e sterpaglie. Con un bianco e nero ovattato, inizia la presentazione dei connotati dell'isola di Cuba. Soy Cuba è un film girato nel primo lustro degli anni '60, passato in una sordina moltiplicata al quadrato e riesumato da Martin Scorsese e Francis Ford Coppola qualche lustro fa. Sarà stato l'embargo statunitense, la vendetta per la discesa in Sierra del Che con Castro e Cienfuegos, il regime castrista (dubito) o il marchio di film COMUNISTA (sicuro), quindi chissà perchè, in qualche modo da boicottare, che è rimasta chiusa, in una cassetta di sicurezza delle antiche segrete dell'oblio, una perla del cinema internazionale.

Al di là della matrice politica, come avrebbe detto un importante critico ricalcato sulla copertina posteriore del dvd, trattasi di una manna per chi ama Cuba e il cinema. Partiamo allora da questa valida premessa per raccontare questa straordinaria opera divisa in quattro episodi e recitata prevalentemente da attori non professionisti o per lo meno sconosciuti al grande pubblico. Il capitolo di apertura racconta la Cuba ricca, quella fittizia, dotata di alberghi lussuosi e locali relativamente sfarzosi dove facoltosi turisti americani si abbandonano all'alcool e al sesso a pagamento. Va citata, obtorto collo, la sequenza che percorre le peculiarità de quibus dove la macchina da presa sembra seguire un canale invisibile che riesce a penetrare ovunque. Maria, povera ragazza che abita in una parte di Cuba nascosta agli occhi dei turisti, si prostituisce, controvoglia, per racimolare qualche dollaro all'insaputa del fidanzato mercante di frutta, costretto a scorpirlo all'ombra di un crocifisso. I primi piani, prevalentemente trasversali, sono straordinari.

Il secondo capitolo narra la storia di Pedro, un povero contadino che a colpi di machete, sudore e sangue, mantiene due figli lavorando per uno spregevolissimo proprietario terriero di canne da zucchero. Vive in una capanna martellata dal sole così come i sogni martellano il cuore del buon Pedro. I figli aiutano il padre nel lavoro e nei sogni, chiedono qualche centesimo per una Coca-cola e vengono accontentati, con lo scopo di allontanarli, per dare spazio ad un folle delirio generato dalla notizia di licenziamento, concesso brevi manu dal sanguinario latifondista. Le inquadrature, seppur drammatiche, sono magistrali. Pedro, in preda ad una raptus incontenibile, decide di incendiare qualsiasi cosa, dimora compresa. Ettari di canne da zucchero a perdita d'occhio, ripresi da prospettive di eccezionale angolatura, giacciono, macellati a morte, dal fuoco coadiuvato da un caldo profondamente asfissiante.

Un gruppo di marinai americani, abbastanza brilli, che intonano una giaculatoria velleitaria, apre il terzo episodio, prevalentemente incentrato sulla ribellione studentesca alla dittatura di Fulgencio Batista. I marinaretti non perdono tempo a molestare una ragazza che viene però tratta in salvo da uno studente di passaggio. La scintilla di interesse reciproco si scontra con l'impegno clandestino della lotta al potere. Lo studente, incapace, di compiere atti di matrice eversiva, si ritrova in un susseguirsi di riprese sapientemente montate, getti di acqua furiosa, slogan e cartelli, dove, parafrasando De Gregori, ...da qualche parte al mondo dicono va bene, con una colomba morta fra le mani... Lo studente viene colpito a morte dalla polizia e la sequenza del suo funerale è superlativa. La macchina da presa, (e non so come sia stato possibile), segue il corteo funebre dall'alto, attraversando muri, finestre, dei manufattori di tabacco intenti a produrre cohiba e continuando a volare nel bel mezzo di una strada senza il minimo segmento tronco previsto dal montaggio. Dubitando fortemente dell'uso di effetti speciali et/aut ritocco digitale, riterrei che si tratti di pura maestria.

L'ultimo episodio narra, invece, la rivoluzione secondo un poverissimo contadino, forse contrario all'uso della violenza ma persuaso dall'arrivo inaspettato di un combattente affamato che gli infonde l'utilità della guerriglia. La lotta, in tal caso si svolge sulla Sierra Maestra, tra le insidie della vegetazione e il sole che trafigge. La scena del bombardamento sulla collina è assolutamente speciale ed è questo, il motivo principale, per cui si decide a caricare le armi di fortuna con le poche munizioni disponibili e combattere per un minimo di libertà.

E' un peccato che un film di tale spessore sia stato triturato per quasi quattro decenni. La tecnica è davvero magistrale, in alcuni punti anche meglio di geni come Kubrick, Welles, Murnau. Opera poetica, comunista, emozionante, che mi riserverei di consigliare a chi possiede una buona cultura cinematografica. Non per altro, per carità di Dio, ma potreste annoiarvi annullando con un cenno di diniego un film che vale veramente molto.

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Peasyfloyd (ha votato 10 questo film) alle 14:27 del 13 agosto 2013 ha scritto:

un capolavoro di incredibile fattura (la scena del funerale, così come quella precedente della protesta degli studenti, sono di una bellezza commoventi). Un sentito ringraziamento a Enzo Barbato per questa splendida recensione!