Contagion regia di Steven Soderbergh
FantascienzaUna misteriosa malattia contagiosa inizia a diffondersi da Hong Kong agli Stati Uniti. La sconosciuta formazione del virus letale rallenta la ricerca di una cura, che nel frattempo miete sempre più vittime.
Il tema della catastrofe globale è ormai collaudato da anni: a partire da “La fin du monde” (1931) di Abel Gance, ci sono stati forniti numerosi esempi, fino ai più recenti, come "Armageddon" (1998) di Michael Bay, dove la terra rischiava la sua distruzione a causa della sua collisione con un meteorite, "The day after tomorrow" (2004) e "2012" (2009) di Roland Emmerich, “Io sono leggenda” (2007) di Francis Lawrence. Anche Soderbergh ha voluto cimentarsi nell'impresa, proponendo questa volta l'avvento di un contagion che decima gli abitanti del nostro pianeta.
Il film risulta piuttosto coinvolgente, grazie ad una sceneggiatura non troppo eccessiva nel mostrare gli effetti della disastrosa epidemia. Il regista ha scelto di far ricoprire diversi ruoli ad attori di ottimo livello: Gwyneth Paltrow interpreta la prima donna contagiata dalla nuova malattia che muore nei primi minuti di pellicola, Matt Damon è suo marito, rimasto immune anche dopo il contatto con la moglie, Jude Law è il giornalista free lance che denuncia le case farmaceutiche per il loro lento intervento, Kate Winslet e Marion Cotillard sono due donne che lavorano rispettivamente per il "Center of disease control" e la "Organizzazione Internazionale della Sanità", incaricate di scoprire le origini del virus. Le diverse storie dei personaggi si intrecciano, permettendo allo spettatore di comprendere sin dall'inizio lo sviluppo della malattia nelle diverse città statunitensi.
Negli ultimi anni, si sono diffuse alcune malattie reputate altamente pericolose che hanno creato allarmismo, fortunatamente la loro diffusione è stata piuttosto ridotta. Soderbergh pensa a che cosa potrebbe succedere se un'infezione dilagasse e si diffondesse tramite il tatto: la ricercatrice interpretata da Kate Winslet afferma che gli esseri umani si toccano il viso 2000-3000 volte al giorno, dunque la possibilità di non diffondere il morbo sarebbe minima.
Il regista espone poi tutti gli eventuali problemi sorti in seguito ad una tale catastrofe: la gente non esce dalla propria casa oppure tenta di fuggire altrove; nessuno è più disposto a lavorare, soprattutto i medici spaventati dal contatto con la malattia; furti ovunque, soprattutto nelle farmacie e nei supermercati.
Il dolore e soprattutto la paura spingono gli uomini a diventare dei selvaggi egoisti, perché fondamentalmente manca quel senso di collettività e di gruppo utile nei momenti di difficoltà. Il senso di panico annulla ogni spiraglio di solidarietà e spinge all'individualismo: Soderbergh inserisce nel film lotte per i medicinali, richieste di aiuto, rapine nelle case di uomini importanti che potrebbero essere in possesso di una medicina e rapimenti di persone vicine alle Organizzazioni Sanitarie con la speranza di poter ottenere vaccini più velocemente. La paura spinge le persone alla follia e all'irrazionalità; questo è uno dei messaggi del film: la fragilità dell'uomo e le sue disastrose conseguenze.
Al contempo, però, Soderbergh concede ampio spazio nel film al lavoro di alcuni medici, che nonostante il pericolo, rischiano la propria vita per salvare gli altri: ricoprono ruoli importanti i dottori artefici del vaccino e quelli che cercano di circoscrivere il morbo.
Un film coinvolgente, in pieno stile hollywoodiano.
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