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R Recensione

7/10

Un Beau Dimanche regia di Nicole Garcia

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Un istitutore nasconde il suo passato. Un allievo è trascurato dai genitori separati. L'incontro tra la madre dell'allievo e il maestro aiuterà entrambi a superare i propri limiti e sarà l'inizio di una nuova storia e di un nuovo futuro comune.

Fuggire per ritrovarsi; cercare il mondo per capire la complessità e la varietà del reale di contro a ciò che ci impongono le aspettative familiari, ovvero i progetti dei genitori sui figli. È così che Baptiste vive da dieci anni lontano da casa. Una vita itinerante la sua: istitutore non si ferma per più di un trimestre nelle scuole in cui lavora. Alle spalle un passato da studente universitario in materie scientifiche. Un corso di studi che, però, è terminato bruscamente per l’incapacità di far fronte alle richieste di una famiglia che si aspettava molto da lui; che lo voleva degno erede di una nobile dinastia, riciclatasi nel campo manifatturiero. È la famiglia a decidere del suo futuro e a costringerlo all’internamento. Da quel momento i rapporti vengono meno e Baptiste, dopo un periodo di segregazione, inizia una vita errabonda e precaria, che ritiene comunque degna di essere vissuta. Si dedica alla formazione delle nuove generazioni; la speranza di un futuro migliore per lui e per i suoi allievi; la voglia di mettersi in gioco, pur nella precarietà dell’esistenza, lontana dalle proprie radici, dalla propria famiglia di origine. E un giorno Baptiste incontra l’amore. Lo vede negli occhi sofferenti di una giovane donna, la madre di uno dei suoi allievi. La donna è separata dal padre di suo figlio e sbarca il lunario come cameriera in un locale estivo su una spiaggia del sud-ovest della Francia. Il suo dolore si unisce a quello della giovane donna e insieme cercano il riscatto: lei deve dei soldi a dei delinquenti, lui è tormentato dal passato e da quel macigno infamante dell’internamento, di cui porta nell’animo ancora i segni, nella sua incapacità di trovare pace, nella sua irrequietezza e nella voglia di riscatto che lo spinge a spendersi per gli altri. La regista, Nicole Garcia, anche attrice di lungo corso, si affida a due giovani emergenti nel panorama cinematografico francese: suo figlio Pierre Rochefort e Louise Bourgoin, che sono abili nel rappresentare i due personaggi di cui abbiamo parlato, senza sbavature, ma con tenacia. Se il film stenta nella prima parte, con cambi repentini di luogo, che risultano, talvolta, privi di un significato, se non la mera economia del racconto, nella seconda parte la regista recupera in credibilità, dando maggiore coerenza alle scene utilizzate e giocando sul dramma di questa coppia che lentamente si sta scoprendo e, conoscendosi, inizia a capire l’importanza dell’essere insieme. La fuga dal quotidiano; il ritorno alle origini per confrontarsi con gli errori di gioventù e riscattarli agli occhi della madre e dei fratelli con l’orgoglio dell’essersi realizzato, rendono Baptiste credibile agli occhi di Sandra, la madre del suo allievo, ammettendo contemporaneamente le proprie debolezze e vivendo l’amore come catarsi. Se la sceneggiatura è ben costruita e l’ambientazione è molto gradevole, rimangono tuttavia impurità, forse volute, che rendono l’opera imperfetta. Ciò non toglie l’afflato morale che spinge la regista a raccontare una storia toccante che riassume in sé tante esperienze, tanto dolore e che apre lo spettatore alla riflessione sul disagio psichico, sulla malattia mentale, meno evidente di quella fisica, ma altrettanto lesiva della dignità dell’uomo.

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