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7/10

Febbre a 90° regia di David Evans

Drammatico
recensione di Fulvia Massimi

Dal romanzo autobiografico di Nick Hornby un insolito triangolo amoroso tra un tifosissimo dell'Arsenal, la sua donna e la sua squadra del cuore.

Lui, lei e l’altra: l’adagio più antico del mondo. Ma che succede quando l’altra è una squadra di calcio? Ce lo spiega Nick Hornby, che dal memoir Febbre a 90° (Fever Pitch, 1992) trae lo script dell'omonimo film diretto da David Evans. Uno spassoso Colin Firth veste i panni dell’alter ego cinematografico di Hornby, Paul Ashworth, insegnante di letteratura, allenatore della squadra di calcio del liceo e sfegatato tifoso dell’Arsenal. La passione per i bianco-rossi creerà non pochi problemi alla sua relazione con la collega Sarah Hughes (Ruth Gemmel) e il passaggio da un’adolescenza mai abbandonata all’età matura sarà più duro del previsto. Hornby trasforma un’autobiografia scandita dall’ossessione per il calcio in una commedia romantica che è anche puntuale analisi antropologica delle abissali differenze che separano l’universo maschile da quello femminile.

La battaglia tra i sessi ha inizio: se da un lato del ring l’Uomo sfodera i boxer della squadra del cuore e non riesce a pensare ad altro che a quella, la Donna risponde con testa sulle spalle e il pragmatismo di chi sostiene che "il calcio è soltanto un gioco” e non vale la pena infuriarsi tanto. Ma la furia si scatena eccome, perché, come puntualizza Paul bambino sulle note di Baba O’Riley degli Who, quella fase non si supera mai. La fase in questione è quella del tifoso innamorato, che ragiona per stagioni, non per anni, e non accetta imprecisioni su chi vinse cosa e quando. E quale donna può conquistare il cuore di un uomo che ne ha già sposati altri undici?

La febbre calcistica che colpisce gli inglesi e che il cinema “sportivo” d’oltremanica ama santificare, esplode tra le strade di Londra nell’annus mirabilis 1989, fra gioie, patimenti (15 aprile: la tragedia di Hillsborough coincide con la prima “uscita a due” di Paul e Sarah in quel di Highbury) e conclusione al cardiopalma: la vittoria in extremis dei Gunners contro il Liverpool nella finale di campionato del 26 maggio.

Rispettando le direttive di Hornby, nella cui esperienza di vita è il Tifoso ad essere assoluto protagonista, la macchina da presa di David Evans abbandona il campo da gioco per le tribune sature di supporters mentre sporadici flashback tracciano l’educazione "sentimentale" di Paul: dalla prima partita contro lo Stoke City nel ’68 e i rudimenti di mascolinità (tra fervore e parolacce) alle trasferte solitarie, arrivando ai trent’anni carichi d’ansia e aspettative che non fanno dormire la notte. E sarà solo grazie a quello scudetto conquistato all’ultimo secondo (con menzione speciale all’esilarante Mark Strong nel ruolo di bestfriend) che l’Arsenal smetterà di essere l’unico, invadente, pensiero. O forse no. Perché Hornby, quello vero, vicino a Highbury ci vive ancora e quella fase, lui, non deve averla mai superata.

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dalvans (ha votato 7 questo film) alle 16:34 del 12 ottobre 2011 ha scritto:

Discreto

Non eccezionale