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7/10

Il Comandante e la Cicogna regia di Silvio Soldini

Commedia Italiana
recensione di Fulvia Massimi

Leone Buonvento (Valerio Mastandrea) è un idraulico campano con due figli a carico e una moglie distratta (Claudia Gerini) che lo viene a trovare alle quattro del mattino; Diana (Alba Rohrwacher) una pittrice in bolletta che si trova costretta dalle circostanze ad assecondare le bizzarrie artistiche di un avvocato ignorante (Luca Zingaretti). Le loro traiettorie si incroceranno sotto lo sguardo critico di alcune statue pensanti, in un'ipotetica città italiana della contemporaneità.

C'è voglia di leggerezza, per Silvio Soldini, che dopo il realismo drammatico di Cosa Voglio di Più e Giorni e Nuvole torna nel territorio che gli è più caro e congeniale: la commedia. Concepito inizialmente come un musical e, in seguito, come commedia corale (di cui continua a conservare non pochi elementi), Il comandante e la cicogna non si allontana drasticamente dagli intenti delle pellicole precedenti - ritratti vividi di una faticosa realtà di tutti i giorni - ma si propone di gettare uno sguardo altro, appunto più leggero, sulla fragile condizione attuale del Bel (si fa per dire) Paese.

  E' "l'aria che si respira in Italia" ad ispirare l'ottima sceneggiatura firmata da Soldini, di concerto con Doriana Leondeff e Marco Pettenello: un crocevia di storie e personaggi stravaganti, surreali eppure molto realistici, su cui l'impeto della fantasia creativa agisce da balsamo per stemperare il rischio di un eccesso di serietà. Soldini non nega la necessità di riflettere e confrontarsi con i drammi quotidiani della gente, né tanto meno con il Dramma ben più macroscopico della (mala) sorte nazionale. Sceglie però di farlo attraverso il registro dell'impossibile e del fantastico.   "Ma gli uccelli sanno che noi uomini non sappiamo volare o pensano che non ne abbiamo voglia?", si chiede il giovanissimo Elia, ornitologo in erba. Soldini rivolge il medesimo quesito allo spettatore, chiamandolo a prestare più attenzione ai pensieri di quei monumenti troppo spesso ignorati (Garibaldi su tutti, "doppiato" da un bravissimo Pier Francesco Favino), che dall'alto della loro immobilità ieratica si fanno giudici e censori della deriva miseranda di un'Italia tutt'altro che gloriosa.  

Alle statue parlanti di Garibaldi (il "comandante" del titolo), Leopardi e Leonardo (la voce è di Neri Marcorè), così comealla cicogna Agostina e al personaggio "ectoplasmico" interpretato dalla Gerini, viene affidato il testimone di una critica più diretta e severa, che prende "di petto" i problemi e le ingiustizie di oggi e si avvale di uno sguardo panoramico in grado di cogliere i dettagli apparentemente più insignificanti del mondo mortale, invitando gli umani a fare lo stesso.   Un'attitudine registica "anti-moderna", o per meglio dire anti-conformista, rimanda a soluzioni espressive che se pure non rifuggono l'utilizzo degli effetti speciali, senza dubbio non si premurano di occultarli. L'impiego di animazioni più tradizionali (emblematiche del personaggio di Diana), il lavoro sui colori saturi della pop art (nelle scenografie di Paola Bizzarri come nei costumi di Silvia Nebiolo), il ricorso insistito all'iride e perfino l'uso del collage (sequenze girate a Torino e Milano vengono assemblate per creare una città inesistente) confermano l'intenzione soldiniana di attenersi alla purezza del genere comico, ovvero al desiderio di creare un mondo nuovo, alternativo e un po' folle, ma in cui si riesca comunque a credere.

Sono lo spirito infantile, la curiosità bambina, che spingono Soldini a "cercare volutamente qualcosa che nel reale non c'è ma che è reale", realizzando così una pellicola giocosa e divertente (incalzata anche dalle musiche "circensi" della Banda Osiris) ma non vuota nei suoi contenuti sociali.   L'impasto di dialetti parlati dai diversi personaggi non è che la conferma di questo principio, il tentativo, cioè, di realizzare un universo parallelo del tutto simile, nei luoghi e nelle dinamiche, a quello reale, ma indefinibile nella sua eterogeneità. La chiarezza delle coordinate spazio-temporali perde dunque importanza, e Soldini aspira piuttosto a raccontare una fiaba, un intreccio proppiano dai mille ostacoli e archetipi (l'immenso Battiston, esilarante mentore e shapeshifter dalla citazione sempre pronta), ma votato al lieto fine di rito.

La sua è in fondo una storia d'amore, l'incontro di due personaggi che nel mondo volgare e spregiudicato dei vari avvocati Malaffano (irresistibile Zingaretti milanese) stanno un po' troppo scomodi e che si uniscono perché "combattere in due è meglio che farlo da soli".   Alba Rohrwacher si lascia guidare con piacere dalla consapevolezza registica un po' maniacale (per eccesso di prove) di Soldini, che regala - a lei come a uno splendido Valerio Mastandrea - l'opportunità di mettersi in gioco con un personaggio insolito, fuori dagli schemi e dalla "misura", già completo e tridimensionale sulla carta ma animato da un afflato creativo tutto personale.

"La sensazione era quella di prendere in mano la macchina da presa, andare per strada e seguire due personaggi, come se la storia si facesse in diretta davanti agli occhi dello spettatore", racconta Soldini, e con la sua dichiarazione d'intenti manifesta la volontà di continuare ad esplorare quella "vita laterale e diagonale" che da sempre anima il suo cinema.   Una vita in cui non è difficile rispecchiarsi e che, per quanto bislacca e venata di sottile amarezza (il turning-point conclusivo è certamente agrodolce), non si crogiola nel dispiacere, ma si accontenta di piccole soddisfazioni: un'amicizia, un affetto, una serenità ri-conquistata grazie anche a qualche intervento "magico" dall'alto.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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alexmn 7/10

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Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 1:23 del 4 marzo 2013 ha scritto:

l'ho adorato!