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R Recensione

7/10

Prank regia di Vincent Biron

Commedia
recensione di Fulvia Massimi

 

Teenager solitario e senza amici, Stefie (Étienne Galloy) trascorre le lunghe giornate dell’autunno Québécois ascoltando hip hop in cuffia e lanciando palle da tennis contro un muro di mattoni, finché il trio di annoiati prankers Martin (Alexandre Lavigne), Jean-Sé (Simon Pigeon) e Lea (Constance Massicotte) lo accoglie sotto la propria ala e lo introduce alla nobile arte dello scherzo crudele. Alla ricerca disperata di un legame d’amicizia e (forse) d’amore, Stefie si sottopone docilmente alle richieste dei tre, ma si rende presto conto che il gioco é bello solo quando dura poco.

 

In competizione alla Settimana della Critica veneziana e subito riproposto nella Discovery Section del TIFF 2016, il lungometraggio d’esordio del Québécois Vincent Biron approda in terra natale nella selezione selvaggia e a tratti demenziale del Temps Ø dell’FNC montrealese. Ricevuto con toni contrastanti dalla critica internazionale—Jessica Kiang su Variety lo definisce “occasionalmente affascinante ma fondamentalmente senza spessore”, mentre Cinemascope lo battezzafiglio bastardo di Harmony Korine e Todd Solondz”— Prank parte come racconto di formazione di spirito punk-rockettaro, ma finisce quasi in tragedia con un amarissimo memorandum sull’ostracismo e le pressioni sociali dell’etá adolescenziale.

Con uno stile rapsodico che sembra rifarsi a quegli stessi strumenti di comunicazione socio-mediale (ab)usati dai suoi protagonisti, Biron fotografa (letteralmente) il senso di disorientamento e fondamentale solitudine sperimentato da quattro teenagers nel deserto dei sobborghi franco-canadesi (il luna park e il Mercato delle Pulci St. Martin di Laval come non-luoghi esemplari).

Lo scherzo del titolo—che per lo strafottente Martin rappresenta “la fine del mondo”, il picco piú alto della creativitá umana—diventa allora metafora dell’ennui quotidiano, della gioventú bruciata prestissimo e lasciata a se stessa nei postumi della combustione. Per l’“agnello” Stefie, rispettoso degli altri e del gentil sesso, lo scherzo é invece l’unica finestra possibile sull’integrazione sociale, che pure passa attraverso la rinuncia alla propria dignitá e ancor piú alla propria individualitá. Cosí le donne si riducono a vagine e seni, gli uomini a peni e oscenitá sessiste, e l’unica valvola di sfogo che non serva a danneggiare il prossimo é il racconto appassionante a colpi di fumetti delle trame dei blockbuster di culto (Commando, Senza Esclusione di Colpi, Highlander e Die Hard i favoriti del filosofo-cinefilo Jean-Sé, che peró infligge ai compari la lentezza esasperante de Il Cavallo di Torino di Béla Tarr e Ágnes Hranitzky).

L’uso dissacratorio di musiche da cartoon disneyano si sovvrappone alle melodie urlate del polistrumentista Jean-Philippe Fréchette alias Navet Confit, facendo della dissonanza visiva e sonora il perno centrale di una pellicola frammentaria e quasi incompleta nel suo finale privo di apparente progresso narrativo. Come il proverbiale gatto che si morde la coda, Prank si conclude infatti in un (inaspettato?) cerchio di cattiveria senza redenzione, prima di volarsene via con lo striscione fallico che dovrebbe segnare l’impresa storica dei suoi quattro anti-eroi.

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