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8/10

Goodbye Dragon Inn regia di Ming-liang Tsai

Sperimentale
recensione di Alessandro Giovannini

Fuori piove a dirotto. Dentro, anime erranti vagano qua e là persi in un sogno o in un ricordo; un ragazzo giapponese va in cerca di avventure omosessuali; una bigliettaia pulisce e riordina ed un proiezionista proietta per l'ultima volta il vecchio film (1967) Dragon Inn di King Hu. Il luogo? una sala cinematografica a Taipei sospesa dalla realtà, in procinto di chiudere i battenti.

Il titolo originale (bu san = indugiare, attardarsi) restituisce l'idea che il film vuol trasmettere: il respiro prima del balzo, il saluto prima del congedo. Da un certo tipo di cinema, da un certo tipo di vita. Il sesto lungometraggio di Tsai per il cinema è un intonaco che si sgretola, una manciata di sabbia che scivola via dal pugno chiuso. La sala è separata dalla città da una pioggia incessante, (l'acqua è un elemento importantissimo nella cinematografia del regista malese), costituendo un microcosmo autonomo che è un archivio della memoria filmica. In essa i vecchi attori interpreti del film che viene proiettato si aggirano persi nella ripetizione di sé stessi, nella propria auto-contemplazione, in uno dei più formidabili cortocircuiti metafisici mai messi in scena.

L'eleganza formale della camera fissa o appena appena mobile è complementare ad una fotografia tetra che immortala antri oscuri e umidi, corridoi lunghissimi e sporchi, cunicoli dalla conformazione labirintica che frammentano lo spazio diegetico in un labirinto in cui è impossibile orientarsi. Quanto sia in grado di esprimere Tsai senza ricorrere a dialoghi è proprietà sua esclusiva (le prime battute pronunciate in scena si odono oltre il quarantesimo minuto), talento innato di un autore unico, qui in forma smagliante. La solitudine, tema portante della sua poetica, qui è declinata non tanto rispetto agli uomini, quanto alla cinematografia di un certo tipo e di una certa epoca, che non si fa più così perché i tempi sono ormai cambiati, eppure era proprio quello il cinema cui il regista si era appassionato da bambino.

La nostalgia per un qualcosa di concluso ed irripetibile: di questo "parla" Goodbye, Dragon Inn, esperimento d'avanguardia che non manca di momenti umoristici (umorismo silenzioso) né di colpi di genio registico (usare come colonna sonora del film la musica intra-diegetica della pellicola proiettata in sala).

Con tutti i pregi (ed i difetti: di ritmo in primis) del modus operandi di Tsai Ming-Liang, questo film è imperdibile per qualunque appassionato della settima arte e per i weird-seekers, mentre costituisce una visione probabilmente troppo ostica per chiunque altro.

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loson79 (ha votato 9 questo film) alle 14:21 del 14 gennaio 2012 ha scritto:

Film e regista strepitosi.

alejo90, autore, alle 14:35 del 15 gennaio 2012 ha scritto:

mi fa piacere che approvi.