R Recensione

6/10

God Bless The Child regia di Robert Machoian, Rodrigo Ojeda-Beck

Docu-fiction
recensione di Daze

Rebecca è una madre affetta da depressione, distante e instabile al punto da abbandonare i suoi cinque figli a se stessi in cerca di quella che sembra l'ennesima fuga dalla realtà. A prendersi cura dei quattro fratelli minori, uno dei quali di appena di dodici mesi, la tredicenne Harper, ritrovatasi, un po' per caso, un po' per sua volontà, a sostituire Rebecca nei compiti materni. In una lunga giornata estiva, i cinque figli di Rebecca condivideranno caos, momenti intimi, incertezze, avventure, giochi. Attraverso i loro occhi il mondo diviene un luogo fantastico, in cui tutto si tinge di nuovo e inatteso.

C'era una volta una casa, dove vivevano quattro bambini: Ezra, Jonah, Eli ed Arri e una fanciulla di tredici anni di nome Harper. Si volevano molto bene ed erano molto uniti ma un giorno svegliandosi, si accorsero che la madre era fuggita via, abbandonandoli a se stessi. No, questa non è una favola con una bella morale o un finale felice, ma il film dei registi americani Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck che ripercorre una giornata estiva di cinque ragazzini - figli del regista Machoian - abbandonati dalla madre. Tra riti e giochi e malinconie scorrono le ore, con Harper che cerca di mantenere ordine e una parvenza di normalità, anche se questa chiaramente non c'è. Un giorno intero, dal primo litigio al mattino, fino all'ultimo sbadiglio della notte. Sbadiglio che ammetto, ha colpito anche la sottoscritta durante la visione del film. Il film iperrealista, con il suo taglio documentarista, mostra la storia di un abbandono, ma lo fa attraverso i gesti più quotidiani dei bambini e sta allo spettatore ricostruire le dinamiche di una storia appena, accennata dai momenti di crisi dei piccoli, in cui si viene a scoprire della morte prematura del padre e di una possibile depressione della madre, che non appare per l'intero film, se non per un solo e unico momento. La regia, che indugia a lungo sui volti dei bambini, cogliendone l'espressività e facendo empatizzare in questo modo gli spettatori, è lineare e pulita, come il montaggio e l'assenza totale di una colonna sonora che va a sottolineare il quotidiano, la routine. Un film che purtroppo, non lascia molto e che nel suo essere un buon esercizio di stile non riesce a trasmettere emozioni genuine ma strappare solo qualche sorriso di tenerezza, grazie esclusivamente ai bambini e al loro essere bambini.

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