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6/10

GGG regia di Steven Spielberg

Fantastico
recensione di Francesco Ruzzier

L'amicizia fra un gigante e una bambina nella Londra dell'Ottocento.

Probabilmente era scritto da tempo che prima o poi Steven Spielberg si sarebbe dovuto misurare  con la trasposizione del capolavoro di Roald Dahl: era il 1982 quando uscirono Il GGG (libro, ovviamente) ed E.T - L'extraterrestre, due opere destinate ad entrare per sempre nell'immaginario collettivo di tutte le generazioni di bambini da quel momento in poi. E se sulla carta il regista statunitense sembrava essere una tra le menti più adatte per trasporre in immagini le straordinarie parole del romanzo, il risultato si è rivelato purtroppo al di sotto delle aspettative.

Siamo nella Londra dickensiana e una bambina non riesce ad addormentarsi: vive in un orfanotrofio dove le regole sono ferree e non è permesso rimanere alzati durante "l'Ora delle Ombre". Lei però, spinta da un'irrefrenabile voglia d'avventura, si aggira tra i corridoi del palazzo, armata di torcia e custodendo gelosamente un libro di fantasia nell'altra mano. Ad un certo punto, mentre è immersa in una lettura clandestina, sente un rumore provenire dall'esterno e si affaccia alla finestra: un gigante con una sorta di grosso trombone in mano si muove con circospezione per le vie londinesi. Lei fa un sussulto, lui si accorge di lei; la rapisce ed inizia l'avventura.

Il gigante è il Grande Gigante Gentile, uno che di mestiere va di casa in casa a soffiare dei sogni nelle menti dei bambini e quando c'è un registra del calibro di Spielberg in mezzo, il passaggio dal sogno al cinema è immediato: risulta quasi impossibile non vedere nella missione del gigante un'analogia con quella del regista di Jurassic Park, uno che al cinema e al suo potere di creare immagini alle quali credere ciecamente ha dedicato tutta la sua vita.

Però, seppure ci venga regalato qualche momento degno di nota, nel complesso questa volta Spielberg non è riuscito a ricreare un immaginario da sogno all'altezza del suo nome e di quello del romanzo: forse per colpa della produzione della Disney, che già aveva tappato le ali di Tim Burton con Alice in Wonderland, forse per colpa di un'eccessiva fiducia in una CGI questa volta non molto convincente, o forse perché il progetto è rimasto chiuso in un cassetto per troppo tempo, perdendo quell'innocente dose di magia con cui era nato.

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