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7/10

Luci Nella Notte regia di Cédric Kahn

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

 

Una coppia in viaggio verso il sud della Francia affronta una crisi coniugale. I due si dividono; sarà l’inizio di eventi che cambieranno per sempre il loro destino…

 

Per chi ha già letto il libro di Simenon il raffronto con il film di Cédric Kahn è d’obbligo.In primo luogo completamente diversa è l’ambientazione. Scritto durante il soggiorno americano dello scrittore belga, soggiorno legato agli eventi post-liberazione, il romanzo di Simenon è ambientato tra New York e il Massachusetts a metà degli anni ’50.

È la storia di una coppia alle soglie di una crisi: lei donna in carriera, lui marito frustrato che ogni tanto sfoga nell’alcool i suoi dispiaceri.

La coppia intraprende un viaggio per andare a prendere i figli che hanno trascorso un periodo di vacanza con altri coetanei.

Il viaggio notturno metterà a dura prova la coppia, che si dividerà a seguito delle frequenti soste del marito per sfogare la sua voluttà di whisky, e diventerà l’oggetto delle angherie di un evaso.

Cédric Kahn riporta le vicende in Francia tra Parigi e Bordeaux e le situa temporalmente nella contemporaneità (primi anni 2000).

Il film segue abbastanza fedelmente l’intreccio del romanzo di Simenon pur differenziandosene per alcuni aspetti: ad esempio, nel romanzo il protagonista non uccide l’evaso di prigione, con il quale intraprende un viaggio notturno, dopo averlo conosciuto in un bar. D’altra parte la narrazione di Simenon può lasciare in oscuro alcuni aspetti che invece il film deve mostrare per dare senso logico alla narrazione per immagini.

Mentre Simenon riusciva a tratteggiare con eleganza la psicologia del protagonista, facendola emergere nel corso della narrazione e insistendo sul senso di colpa, sul conflitto interiore e sul perbenismo di certa società americana puritana, sotto il quale si nasconde il vizio, il film di Cédric Kahn appare più piatto e incapace di esprimere al meglio questi tratti, attraverso una narrazione pressoché lineare, incapace di colpire lo spettatore al cuore e incapace di scuotere moralmente lo spettatore così come sa fare il romanziere belga.

Ciò non toglie l’altissima qualità delle immagini (si noti il lavoro legato alle riprese effettuate durante l’esodo estivo e le frequenti riprese notturne in movimento) e la capacità recitativa degli interpreti Jean- Pierre Darroussin (recentemente visto nel Miracolo a Le Havre di Aki Kaurismaki e già attore feticcio di Robert Guédiguian) e Carole Bouquet in primis, abili nel mettere in scena i personaggi, con un’interpretazione che si avvicina molto a quella teatrale soprattutto nelle frequenti sequenze girate nel veicolo della coppia che, da Parigi, si mette in viaggio per il sud della Francia per trascorrervi le vacanze estive.

Tra tutte forse la scena meglio concepita e recitata è quella nella quale il protagonista in un bar si mette alla ricerca telefonica della moglie, il giorno successivo al viaggio, moglie della quale ha perso le tracce, scomparsa probabilmente su un treno notturno.

Impressionante la sequenza d’apertura che ci ricorda il cinema di Hitchcock, in particolare Intrigo Internazionale e Topaz, sequenza che sfrutta al meglio le musiche di Debussy, come del resto tutto il film di Kahn. Queste musiche aiutano di sicuro a rasserenare il clima di una storia di per sé con molti lati oscuri, come nei migliori noir.

Un film che si può situare nella tradizione del cinema francese di qualità, forse un po’ troppo ingessato in alcuni punti, ma di sicuro capace di risvegliare nello spettatore la voglia di cimentarsi con la letteratura del maestro belga, capace di guardare con profondità nei mali della società occidentale, senza la presunzione di darci risposte, ma ponendoci degli interrogativi, capaci di spingerci alla riflessione.

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